Sulle vicende degli immigrati a Brescia: ASCOLTARE, GIUDICARE E AGIRE

Martedì 2 novembre 2010

La Presidenza provinciale delle Acli bresciane, in merito al presidio degli immigrati e ai fatti di sabato 30 ottobre e giorni seguenti, ritiene opportuno intervenire nel dibattito sottolineando alcuni punti:

L’emersione del lavoro nero immigrato continua a presentarsi con un quadro legislativo poco chiaro. È la premessa per produrre ingiustizie.
Con il cosiddetto “pacchetto sicurezza” del 2009 è introdotto il reato di clandestinità. La successiva legge 102, sempre del 2009, offre la possibilità di regolarizzare lavoratori immigrati irregolari con le mansioni di colf e badanti. Non lo stesso è avvenuto per chi lavora in altri settori, che di fatto continuano ad essere irregolarmente presenti in Italia.
Con la circolare ministeriale del marzo 2010 si chiarisce che la condanna inflitta per reato di clandestinità diventa ostativa per la richiesta di regolarizzazione. Gli immigrati espulsi una sola volta per irregolarità d’ingresso e soggiorno e che non hanno rispettato l’ordine del Questore, possono sanarsi. Invece, le persone che sono state fermate una seconda volta e per questo condannate per il reato di clandestinità, non possono sanarsi.
I ricorsi, per questa situazione, presentati ai tribunali amministrativi hanno dato esiti curiosamente difformi. Quando la legge non è chiara, di fatto c’è sempre il rischio che si produca un’ingiustizia. Il futuro di molti immigrati è, dunque, affidato alla fortuna e al caso.

Si deve aprire un serio dibattito sul lavoro nero degli stranieri. Questa è la vera questione.
Sul piano formale, la manifestazione degli stranieri, avvenuta sabato 30 ottobre 2010 nelle vie del centro storico cittadino, non era autorizzata dalla pubblica autorità e quindi gli organizzatori avrebbero dovuto meglio valutare l’opportunità di questo passo, perché le regole vanno sempre rispettate in una democrazia.
Eppure, sul piano sostanziale, la questione era da tempo all’attenzione degli organi politici, vista la vicenda del presidio presso l’ex caserma Randaccio, dove ha sede lo Sportello Unico della Prefettura per l’Immigrazione. Ci pare che finora la questione degli immigrati e della sanatoria sia stata trattata solamente come una questione d’ordine pubblico, come se tutta la vicenda si limitasse ad un’occupazione abusiva del suolo pubblico. Invece ci sono delle ragioni umane e civili, ma anche di natura giuridica. Sul piano economico, inoltre, sottolineiamo che c’è un sistema che sul lavoro nero straniero non ha alcun interesse ad aprire un dibattito aperto, franco e civile.

È opportuno che di fronte alle richieste i pubblici amministratori intervengano per non creare scontri sociali.
Sarebbe facile rispondere “a tono” alle richieste degl’immigrati e trattarli come ingrati. Noi chiediamo che siano approfondite le ragioni e che le parti in causa possano colloquiare con rapidità e saggezza visto che la questione posta è di livello nazionale. Lo scontro sociale non giova a nessuno e nessuno deve trovare interesse a fomentarlo.

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