Spese scolastiche

Mercoledì 26 luglio 2023

Detrazione in salute, ma incompleta

Anche la scuola sta riscoprendo il suo buon “appeal” fiscale. Fra gli oneri detraibili che nel 730 appaiono in netta risalita rispetto alle dichiarazioni dello scorso anno troviamo infatti le spese d’istruzione. Il dato (+0,7%) emerge dall’indagine svolta a tutto tondo da CAF ACLI per Il Sole 24 Ore sull’andamento delle spese detraibili in un campione di circa 631mila modelli 2023 trasmessi dai nostri uffici e ci fornisce l’occasione di fare il punto su alcuni aspetti regolamentari del bonus legato allo studio.


Spese scolastiche: non si detraggono i libri

Va subito detto che molte spese, pur effettuate in un contesto scolastico o universitario, non rientrano purtroppo nel beneficio fiscale pari al 19% dell’importo: si vedano ad esempio quelle per l'acquisto dei manuali o dei libri di testo, dei sussidiari o degli accessori scolastici (zaini, trolley, diari, quaderni ecc.), tutto un settore che di per sé registra ogni anno esborsi ragguardevoli per le tasche delle famiglie, ma che di fatto da un punto di vista fiscale sono del tutto irrilevanti e vanno puntualmente “persi” perché indetraibili.


Spese scolastiche: quali oneri si possono detrarre

Il discorso cambia invece per le spese annoverate fra quelle di iscrizione e frequenza, come ad esempio le rette, le quote per mense e gite scolastiche, oppure gli oneri per i servizi didattici integrativi tipo il dopo-scuola, se previsto, come se il legislatore volesse sottolineare il principio (a nostro avviso discutibile) secondo cui la “spesa scolastica” può dirsi tale solo se sussiste un vincolo diretto con l’esercizio dello studio largamente inteso, cioè come partecipazione alla vita complessiva dell’istituto e dei suoi servizi, mentre tutto ciò che è strumentale o accessorio, si vedano appunto le spese per dotarsi degli “strumenti” di studio (appunto libri, quaderni, ecc) non fosse altrettanto degno di rientrare nell’occhio benevolo del fisco.

 

Detrazione spese scolastiche: cos’è cambiato dopo Renzi

Più in generale, prima della riforma renziana, la formulazione dell’articolo 15, comma 1, lettera "e" del Tuir prevedeva la possibilità di detrarre nella misura del 19% le spese sostenute per la “frequenza di corsi di istruzione secondaria, universitaria, di perfezionamento e/o di specializzazione, tenuti presso istituti o università italiane o straniere, pubbliche o private, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali italiani”. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo la detrazione spettava - e spetta tutt’ora - anche per gli oneri sostenuti nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.


Viceversa da dopo la riforma della “buona scuola” (Legge 107/2015) la suddetta lettera “e”, rimasta appannaggio delle detrazioni universitarie, è stata affiancata dalla “e-bis” in cui si dispone l’applicazione della detrazione Irpef del 19% in riferimento alle spese per la frequenza:


  • delle scuole dell’infanzia (ex asili);
  • del primo ciclo di istruzione, cioè delle scuole primarie (ex elementari) e delle scuole secondarie di primo grado (ex medie);
  • e infine delle scuole secondarie di secondo grado (ex superiori).
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Detrazione spese scolastiche: stessa soglia per scuole pubbliche e private

In buona sostanza la lettera “e-bis” ha mantenuto lo sgravio del 19% sulle spese di iscrizione e frequenza alle scuole secondarie di secondo grado, ma allargandolo contemporaneamente ai livelli d’istruzione inferiori: asili, elementari e medie. Insomma tutti. Non solo: un’altra novità sostanziale va riscontrata nell’uniformità della detrazione che cancella il vecchio discrimine fra scuole statali e parificate (privati). Difatti, secondo il vecchio regime agevolativo, la detrazione sui contributi pagati alle scuole parificate era ammessa nei limiti in cui gli stessi contributi non superassero l’importo di quelli pagati alle scuole statali (principio, questo, che è rimasto in vigore solo per l’istruzione universitaria).


 Di conseguenza, a prescindere da quale sia il livello d’istruzione ricevuta (non importa se infantile, primaria o secondaria) e dall’istituto frequentato (non importa se privato o statale), il nuovo regolamento fiscale ha introdotto, in riferimento all'anno d'imposta precedente, un tetto uniforme di spesa detraibile nella misura del 19%, che dallo scorso anno si è stabilizzato a 800 euro, il che significa una detrazione effettiva pari a 152 euro (19% di 800).

 

Detrazione dei servizi scolastici integrativi

Quanto infine ai servizi scolastici integrativi, vedi la refezione, l’assistenza al pasto o il pre e post-scuola, l’Agenzia, circa la loro detraibilità, aveva già dato parere positivo nella Risoluzione 68/E del 4 agosto 2016, poi confermato nelle istruzioni del 730. La stessa cosa, dal 2018, può dirsi anche per l’eventuale servizio di trasporto scolastico, “anche se reso per il tramite del comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola e anche se non è stato deliberato dagli organi d’istituto, atteso che, a partire dal 1° gennaio 2018, è possibile detrarre le spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale”.


In pratica, venendo a decadere dal 2018 lo “steccato” fra chi avrebbe potuto detrarre le spese di trasporto della scuola e chi invece, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe potuto detrarre le spese per abbonamenti e titoli di viaggio, adesso entrambe le detrazioni sono possibili e oltretutto cumulabili. Quindi, spiega l’Agenzia, “la detrazione delle spese sostenute per il trasporto scolastico, è cumulabile con quella spettante per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto locale, regionale e interregionale”.


Luca Napolitano

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