Mettiamoci in gioco. Le Acli contro i rischi del gioco d’azzardo.

Martedì 4 dicembre 2012
Da sempre il gioco per le Acli ha un alto valore educativo e sociale. Eppure oggi occorre distinguere tra gioco e gioco. Non vi è nulla di educativo e di positivo in un gioco che estranea, che abbruttisce o che addirittura fa ammalare.
È quanto sta producendo il gioco d’azzardo in Italia, i cui numeri ed effetti, su tutte le fasce di età, commentano in maniera inequivocabile un crescente pericolo sociale e sanitario e una aumento della illegalità.
 
Oggi nel nostro Paese crescono i fatturati del gioco d’azzardo (con 80 miliardi di euro annui), ma anche i costi sanitari, sociali, relazionali e legali della sua diffusione. L’Italia è il primo paese al mondo per spesa pro-capite dedicata al gioco, che coinvolge ogni gruppo sociale, compresi pensionati, casalinghe, giovani. Secondo alcune ricerche il 2.2% della popolazione adulta italiana risulta essere a rischio per il gioco d’azzardo se non addirittura “vittima” di una patologia. 
 
Una situazione favorita anche da molti conflitti di interesse, a partire dal fatto che lo Stato stesso affida al ministero del Tesoro e delle Finanze – fruitore di cospicue entrate economiche provenienti dal mercato dell’azzardo – il ruolo di tutelare i cittadini dai problemi sociali e sanitari correlati alle dipendenze patologiche indotte dalla progressiva espansione del settore. Anche le mafie hanno fiutato l’affare, come testimoniato dalla Relazione della Commissione parlamentare antimafia del 2011.
 
Per questo, insieme a 20 organizzazioni di vario genere le Acli hanno dato vita alla campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo “Mettiamoci in gioco” (che verrà presentata mercoledì 5 dicembre a Roma), con l’intento di limitare la crescita forsennata del gioco d’azzardo, aumentare le tutele per la collettività e i giocatori, favorire gli interventi a favore dei giocatori “patologici”
 
Per i promotori dell’iniziativa è oggi urgente: 
  • porre un freno, da parte dello Stato, al modello di “liberalizzazione controllata” del gioco d’azzardo in Italia, che si è progressivamente trasformato in insidiosa “deregulation”, come testimonia l’abnorme espansione delle proposte di giochi in ogni comune d’Italia
  • una moratoria rispetto all’immissione di nuovi giochi, sia per quantità che per qualità, e la rinuncia ad ampliare ulteriormente la raccolta e i ricavi derivanti dall’azzardo, anche nel caso di nuove emergenze nazionali che richiedono l’immediato introito di risorse
  • restituire potere decisionale alle comunità locali, ora espropriate di ogni funzione di “governo” del fenomeno: i sindaci non possono intervenire sulle licenze, perché totalmente scavalcati dall’attuale legge dello Stato
  • impedire la pubblicità del gioco d’azzardo con appositi divieti, non diversamente da quanto avviene per il tabacco. Pur consapevoli della normativa europea in merito, i promotori ritengono che gli Stati nazionali debbano riaprire il confronto sull’intera questione all’interno della Commissione e nello stesso Parlamento di Strasburgo
  • inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) previsti per i servizi sanitari, con una normativa volta a equiparare il diritto alle cure e l’accesso gratuito e diretto ai servizi già garantiti nelle altre forme di dipendenza patologica. Al fine di rendere sostenibili i costi di tale equiparazione si propone di devolvere l’1% del fatturato complessivo sul gioco alla riparazione dei danni direttamente o indirettamente provocati dall’espansione del fenomeno.
Le risorse da reperire potrebbero essere così ripartite: per un terzo dalla riduzione delle vincite, per un altro terzo dagli introiti fiscali dello Stato, per il rimanente terzo dai profitti dei concessionari e gestori. L’ultimo obiettivo da perseguire nella prospettiva di una maggiore diffusione della iniziativa è quello di costituire un tavolo di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel settore, al fine di definire i criteri e le iniziative di una corretta ed efficace campagna di educazione al gioco e di prevenzione dei rischi indotti dal gioco d’azzardo.
 
Le Acli bresciane già da diverso tempo stanno lavorando in questa direzione. Il Consiglio Provinciale delle Acli ha deliberato nel giugno 2011 il divieto che nei bar dei circoli Acli della provincia di Brescia siano presenti apparecchi elettronici per il gioco d’azzardo. Inoltre da anni Lega Consumatori (associazione di difesa dei diritti dei consumatori che fa parte della famiglia aclista), denuncia questo vergognoso fenomeno, che va a colpire soprattutto le categorie più deboli della popolazione, a cominciare dai pensionati e dai disoccupati.

 

X

Cosa stai cercando?