Le Acli per la pace

Giovedì 12 maggio 2022

LE ACLI PER LA PACE

 

Come Acli bresciane abbiamo da sempre sostenuto, nella nostra proposta politica, formativa e di azione sociale, una particolare e doverosa attenzione alla Pace, consapevoli di una “Terza guerra mondiale a pezzi”. Abbiamo celebrato la Festa della Liberazione, la Festa dei Lavoratori e la Festa dell’Europa con il pensiero rivolto alle tante, troppe guerre che si combattono nel mondo e che provocano morte, violenze e persone in fuga dai loro Paesi. Queste guerre apparivano “lontane” all’opinione pubblica, ma ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa dall’esercito russo e la sua resistenza va sostenuta, perché la pace si ottiene anche dando sostegno concreto ai resistenti. Ma non solo. La pace si costruisce garantendo una convivenza tra i popoli basata sul diritto e sul rispetto, che solo una rinnovata forza politica del dialogo può e deve riaffermare. La pace è il frutto più bello della politica. Perciò, ribadendo il messaggio profetico di don Mazzolari “Tu non uccidere”, non possiamo che urlare, con Papa Francesco: “Fermatevi! La guerra è una pazzia, un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! La guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato”.

 

La guerra in corso ha reso meno scontati i valori di Libertà e Democrazia, che invece hanno un costo, che qualcuno ha pagato per noi nella Resistenza e che oggi abbiamo il dovere di riaffermare pagandone anche noi il prezzo. Il prezzo (oltre al rincaro dell’energia e delle materie prime) è sostenere e promuovere l’unico baluardo alla barbarie che in questi anni abbiamo pur faticosamente sperimentato: il progetto politico dell’Unione europea. Se dobbiamo spendere risorse ed energie, è nell’Unione che dobbiamo investire. Questa guerra infatti non è solo nei confronti del popolo ucraino, ma dell’intero sistema di valori che fonda la convivenza europea. Il progetto dell’Unione europea, ancora fragile e incompiuto, nasce sì dall’energia del carbone e dell’acciaio, ma soprattutto dall’energia della pace, che sola garantisce libertà e futuro. Nei confronti del martoriato popolo ucraino, violato dalla Russia, l’Unione europea sta reagendo compatta - almeno finora – esprimendo una solidarietà attiva e pragmatica, ma con un’efficacia politica ancora troppo debole in ordine alla forza della diplomazia. Nel contesto internazionale globale non possiamo più prescindere da una forte e strutturata Unione finalmente politica, che si doti di comuni strumenti di relazioni esterne e di sicurezza. Serve completare il progetto degli Stati Uniti d’Europa, così come è necessaria una profonda riforma dell’ONU, che sappia garantire un ordine mondiale improntato al rispetto del diritto internazionale, della democrazia e della Pace. Condannando l’invasione violenta dell’Ucraina, da tempo pianificata e poi ordinata da un Putin autocrate e criminale, non ci esimiamo dal riflettere profondamente su complesse responsabilità a monte di questa situazione. La responsabilità della guerra in Ucraina è tutta di Putin (e ne risponderà certamente alla Storia!), ma la responsabilità della pace è di tutti. Anche a noi la Storia chiederà conto.

 

La Pace nella nostra Europa oggi è più debole, se rincorriamo solo un’istintiva corsa al riarmo senza un progetto politico di pace a lungo termine e senza un impegno forte teso a creare le condizioni per un’azione diplomatica efficace. I Paesi europei spendono centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarsi di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi: lo scorso anno nel mondo si sono spesi 1.981 miliardi di dollari, segnando un drammatico +2,6% proprio nel secondo anno di pandemia, quando invece tutti i nostri sforzi si sarebbero dovuti concentrare sulla salute globale e nel salvare vite umane dal virus. Siamo contrari all’accrescere delle spese militari nel nostro Paese. Occorre invece un credibile disegno di politica di Difesa europea, magari attraverso un apposito Recovery Fund, che probabilmente razionalizzerebbe le stesse spese militari dei singoli Paesi dell’Unione. Esprimiamo altresì piena solidarietà alla parte di popolo russo che in questi mesi sta dissentendo, a rischio della propria libertà e incolumità, dall’inaccettabile politica di aggressione.

 

Come Acli bresciane ci impegniamo a difendere e promuovere la libertà e la democrazia, attraverso una preziosa opera di costruzione della pace: la formazione delle coscienze, la promozione della cultura del dialogo, la proposta della politica come luogo di mediazione e soluzione dei conflitti, la solidarietà concreta verso tutte le persone sofferenti dei popoli aggrediti e violentati nella loro libertà. Oggi, insieme alla resistenza ucraina, occorre sostenere anche questa resistenza: la resistenza della speranza che esista ancora una politica in grado di assicurare giustizia e pace, libertà e democrazia. Per i credenti, la pace è il primo dono del Risorto. Perciò la invochiamo nella fede e nella preghiera. E pur essendo un dono, sappiamo che non è gratis. È un valore, ma ha anche un costo. Gli investimenti che richiede li conosciamo: cultura, formazione, dialogo, buone regole economiche, giustizia sociale, sostenibilità ambientale, disarmo nucleare. In una parola, fraternità. La pace costa, ma rende. Rende possibile il futuro. Per il resistente e valoroso popolo ucraino il costo della pace equivale al valore della libertà e addirittura alla stessa vita umana. Qui ci fermiamo, di fronte all’abisso della coscienza che troppo spesso non sappiamo rispettare. La vita del più debole va sempre difesa e sostenuta. Però, sempre. Non solo dopo o durante, anche prima. Non solo qui, ma in tutte le guerre. La pace si prepara con la pace. Con la giustizia sociale e ambientale. Con lo sviluppo sostenibile e integrale, per il quale tutti ci dobbiamo sentire responsabili.

 

 

LE ACLI PER L’UCRAINA

 

Le Acli, già presenti nell’est Europa da tempo, e in particolare con sedi del Patronato in paesi confinanti con l’Ucraina, come la Moldova, sono entrate in contatto in questi anni con più di 140 mila cittadini ucraini. Di questi sono circa 23 mila gli uomini e 123 mila le donne, che hanno rappresentato per le famiglie italiane un punto di riferimento sicuro nel lavoro di cura e nel lavoro domestico. L’amicizia con il popolo ucraino è testimoniata poi dal fatto che l’Associazione, attraverso il Patronato Acli, l’unico presente sul suolo ucraino, precisamente a Leopoli, in questi anni ha incontrato e aiutato migliaia di cittadine e cittadini dell’Ucraina emigrati in Italia, alcuni dei quali poi rientrati nel loro paese d’origine.

Nell’esprimere soddisfazione per l’accoglienza, da parte del Ministero del Lavoro, della richiesta delle Acli sulle pensioni da espatriati agli ucraini che hanno lavorato in Italia, sosteniamo le proposte formulate dalle Acli nazionali in tre ambiti di intervento sui quali possiamo offrire uno specifico contributo:

 

Accoglienza e regolare soggiorno

  1. Il permesso temporaneo di soggiorno dovrebbe essere garantito anche a coloro che sono usciti dall’Ucraina prima del 24 febbraio, a causa dell’inasprirsi del conflitto nel Donbass e della crescente tensione militare sui confini russo-ucraini.
  2. Al fine di rendere fluido e rapido il processo di richiesta dei permessi da parte degli sfollati ucraini e di evitare congestionamenti presso gli Uffici Immigrazione delle Questure, potrebbe essere opportuno l’utilizzo dei patronati per la preistruttoria della pratica e per il sostegno nel fissare gli appuntamenti presso lo Sportello Unico Immigrazione.
  3. Si dovrebbero favorire le domande di coesione familiare (ex art. 30 TUI c. 1 lett. c) da presentarsi alla Questura da parte di cittadini regolarmente soggiornanti in Italia in favore di familiari in fuga, derogando ai requisiti oggi richiesti (reddito minimo e idoneità abitativa).

 

La promozione dei diritti

  1. In occasione della riapertura del dibattito sulla riforma della legge 91/92, si potrebbe cogliere l’opportunità per ridurre le attese e i termini in materia di cittadinanza italiana. Si dovrebbe valutare, in previsione della fase successiva all’emergenza bellica, la possibilità di ridurre il requisito di tempo per chiedere la cittadinanza per naturalizzazione, da 10 anni a 5 anni di residenza in Italia, così come già avviene oggi per i rifugiati.
  2. Sarebbe opportuno stipulare una convenzione di sicurezza sociale fra Italia e Ucraina per permettere la totalizzazione dei contributi italiani con quelli del Paese di provenienza, facilitando in tal modo gli accessi a pensione e soprattutto evitando l’incresciosa situazione del rientro forzato in patria per godere del trattamento di quiescenza da parte di coloro che, pur avendo iniziato a lavorare nel nostro Paese prima del 1996, non hanno maturato 20 anni di contributi.

 

Supporto ai processi di integrazione

  1. Per una migliore organizzazione del processo di accoglienza e di integrazione, si propone la creazione di una piattaforma nazionale unica nella quale registrare le persone provenienti dall’Ucraina. Ciò favorirebbe un unico piano di intervento nazionale, coordinato e capace di favorire da un lato l’efficacia, la trasparenza e la parità di accesso; dall’altro di restituire l’immagine di un Paese che agisce nel rispetto delle differenze e delle specificità di ciascun soggetto. A seguire si potrebbe istituire anche un’unica anagrafe dei profughi che permetta di sapere, oltre chi sono, anche in quale percorso siano stati coinvolti. In una simile prospettiva i nostri Patronati potrebbero rappresentare un soggetto particolarmente efficace ed utile da coinvolgere e responsabilizzare per le competenze sul tema.

 

 

Le Acli provinciali, insieme a molti Circoli sul territorio, sono concretamente impegnate sul versante formativo e culturale attraverso i corsi di Geopolitica Fabula Mundi e sul versante della concreta e fattiva solidarietà. In particolare abbiamo attivato una campagna di raccolta fondi e raccolta di generi alimentari e farmaci, suggerendo il tramite dell'Associazione Domani Zavtra Odv, che opera da oltre 20 anni nel sostegno di progetti sociali ed educativi con gli orfanotrofi della regione di Cernigov (a nord di Kiev). Abbiamo inoltre segnalato anche la raccolta fondi attivata dalla Caritas della Diocesi di Brescia per i progetti di accoglienza.

 

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