L'allarme Acli: buste paga troppo leggere

Domenica 11 marzo 2012

Da "Il giornale di Brescia" di domenica 11 marzo 2012

CRISI: CALA IL REDDITO, CRESCONO I 730

Presentato il «Quarto rapporto» elaborato dalle Acli sui guadagni dei bresciani Tra il 2008 e il 2011 è cresciuto del 7,84% chi dichiara meno di 15mila euro

Un reddito medio sceso a 20.996 euro nel 2011 dai 21.310 del 2010 e dai 21.551 del 2008, con un incremento del 7,84% tra il 2008 e il 2011 degli appartenenti alla cosiddetta «prima fascia» (quella dei redditi tra 9.255 e 13.089 euro).
È quanto rileva il «Quarto rapporto sui redditi bresciani» redatto, sulla base di 40.350 dichiarazioni - in aumento del 31%, quasi 10mila unità, dal 2008 - dalla Commissione Lavoro delle Acli bresciane guidate da Roberto Rossini.
Il documento è stato presentato ieri all'istituto Artigianelli da Luciano Pendoli, vice presidente provinciale Acli. Dallo studio emerge innanzitutto come le dichiarazioni presentate non siano aumentate solo in seno alle Acli, ma abbiano riportato un balzo quadriennale nell'intera provincia dell'11,93%, da 318.717 a 356.748. Fenomeno ascrivibile secondo Pendoli ad almeno due motivazioni: la flessibilità del lavoro da un lato, «che porta i soggetti a sottoscrivere diversi contratti nel corso di un stesso anno» (per quanto il 96% del campione sia composto da dipendenti e pensionati), e la crisi dall'altro, nella misura in cui «si cerca di recuperare quanto più possibile dalle detrazioni». Detrazioni che rappresentano un nodo da sciogliere se in questi quattro anni, incalza Pendoli, «nulla è cambiato» su un fronte che si configura come «coadiuvante del contrasto all'evasione».
Il reddito medio segnala differenze per genere, nazionalità e distretto territoriale. Mentre per gli uomini cresce di 213 euro, il gentil sesso - che pur amplia la sua presenza nel mercato del lavoro di 5.647 unità dal 2008 - assiste a una diminuzione di 814 euro nel quadriennio. Gli stranieri, da 1.167 a 2.080, registrano una contrazione di 788 euro in prima fascia e 289 euro in seconda. Nel distretto Oglio Ovest, infine, la media è di 600 euro inferiore a quella provinciale, e a livello aggregato si va dai 17.047 euro di Valcamonica e Sebino ai 23.639 del Garda. In termini generali, a fronte di un reddito medio registrato dai Caf delle Acli nazionali di 21.934 euro, la Lombardia viaggia sui 23.931 euro, cifre entrambe superiori ai 20.996 euro bresciani.
La seconda parte del rapporto si focalizza su oneri e spese. Le spese sanitarie - farmaci e visite specialistiche, ma anche addetti all'assistenza personale o domiciliare e case di riposo - evidenzia un leggero calo, da 1.073 a 1.022 euro tra il 2008 e il 2011, ma rivela pure come una cospicua fetta di popolazione, più di 14mila dei contribuenti analizzati (il 45,71% dei soggetti in prima fascia contro una media globale del 65%), non sostenga spese sanitarie.
Dato allarmante se si considera che «molte persone - sottolinea Pendoli - le rinviano a tempi migliori», rinunciando quindi «al diritto alla salute». I mutui, poi, sono stati la spia di un cambiamento (negativo) prefiguratosi dal 2005. Dai 750 nuovi contratti di sette anni fa si è passati ai 502 del 2011, con una contrazione del 33%. La quota interessi è scesa dal 2008 del 22%, mentre il numero di titolari di prima casa resta stabile al 65%, in controtendenza però rispetto al 73,6% nazionale (dato Istat). Assicurazioni e previdenza mostrano come allo scadere delle polizze sulla vita le stesse non vengano spesso rinnovate, con una diminuzione degli assicurati dal 34% al 25%.
«Preoccupante», per dirla con Pendoli, il dato sulle spese di istruzione, sì in rialzo da 743 a 850 euro, ma sostenute da un numero costante di contribuenti. Il che consente di «desumere un calo della partecipazione all'istruzione universitaria».
Raffaella Mora

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L'ANALISI
Il prof. Panteghini: «La vera emergenza è legata
all'incertezza sugli ammortizzatori sociali»

Dati che fanno riflettere, certo. Addirittura «un bollettino di guerra», rileva Paolo Panteghini, docente di Economia all'Università degli Studi di Brescia. Dati che devono anche essere inscritti in un contesto nazionale, rispetto al quale Brescia si mostra tutto sommato «in linea». A fronte di un calo progressivo del Pil pro capite, per esempio - «dai 31.500 euro del 2008 ai 30mila del 2009», precisa Panteghini - cresce l'indice di indebitamento delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile, «dal 45 al 65%». Che fare? Agire sulle detrazioni o sull'Iva, entrambe prese in considerazione dalle quattro Finanziarie del 2011? Secondo Panteghini sarebbe preferibile, «anziché tagliare le detrazioni e le deduzioni orizzontalmente, come previsto nella terza manovra Berlusconi», operare «sull'Iva», direzione peraltro imboccata dal Governo Monti. Quanto alle differenze di reddito registrate per genere e nazionalità - riconducibili a una «distorsione strutturale» - il docente universitario riterrebbe auspicabile «non già un intervento fiscale», che andrebbe ad aggiungere «distorsione a distorsione», quanto l'abbattimento degli ostacoli culturali e sociali al raggiungimento dell'equilibrio. Michele Mariotto, vice presidente nazionale Caf Acli, punta dal canto suo «sulla redistribuzione del reddito» visto e considerato che il reddito medio è oggetto da qualche anno di uno sdrucciolamento, circostanza «che non ha però ancora espresso i suoi effetti a pieno». L'emergenza è legata pure all'incertezza circa l'eventuale sostenibilità degli ammortizzatori sociali in un prossimo futuro, valutazione che evidenzia come «sia necessario un ripensamento del welfare», è convinto Mariotto. L'Acli, oltre a recepire i segnali e a tradurli in descrizione della realtà, cercherà via via «di assumere un ruolo di sempre crescente protagonismo», acquisendo attraverso i suoi servizi «un punto di vista privilegiato in termini di lettura e di autorevolezza nella proposta». Per esempio alla volta «di una maggiore equità nella struttura dell'Imu». Tra i progetti imminenti, a novembre le Acli nazionali istituiranno un Osservatorio nazionale sul reddito, un sistema che funzionerà analogamente all'osservatorio bresciano che da quattro anni stila il rapporto sui redditi e che avrà a disposizione un bacino di 1,5 milioni di dichiarazioni dei redditi.ra. mo.

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Da "Bresciaoggi" di domenica 11 marzo 2012

L'ALLARME ACLI: BUSTE PAGHE TROPPO LEGGERE

LE STATISTICHE. I dati raccolti dal Caf confermano come i lavoratori e pensionati siano sempre più «poveri». Rimane alta la differenza salariale tra donne e uomini


Il Garda si conferma l´area più ricca della provincia, la Vallecamonica e il Sebino invece sono le «maglie nere» del reddito
giornale


I lavoratori dipendenti e i pensionati bresciani sono sempre più poveri. I dati raccolti dal Caf delle acli, rielaborati nel quarto «Rapporto sui redditi dei bresciani» non lasciano spazio a repliche: il potere d´acquisto delle classi meno abbienti è in sensibile calo dal 2008 ad oggi, su tutto il territorio provinciale.
IL RAPPORTO delle acli si basa sulle dichiarazioni dei redditi elaborate dal proprio Caf nel corso del 2011, con riferimento all´attività lavorativa del 2010. Le pratiche sbrigate dal Caf acli sono state 40.350, e di queste il 96 per cento riguardavano lavoratori dipendenti e pensionati, mentre l´81 per cento dei contribuenti appartiene alle prime due fasce reddituali (fino a 15 mila euro e da 15 mila a 28 mila euro). Per questo, il rapporto delle acli è un´ottima cartina di tornasole per capire quanto la crisi abbia influito sulle condizioni economiche di quella che una volta veniva chiamata «classe media», che in pochi anni ha visto calare di colpo il proprio potere d´acquisto. Come conferma anche il 13° rapporto realizzato da OD&M Consulting pubblicato giovedì da «Bresciaoggi», che ha messo in luce come nel quinquennio 2007-11 la crisi abbia lasciato sul terreno il 9,9 per cento dello stipendio degli operai (al netto dell´inflazione), con un calo di oltre 2200 euro.
Il primo dato che emerge dall´analisi delle acli è la diminuzione generalizzata del reddito medio lordo dei bresciani, che dal 2010 al 2011 è passato da 21.310 euro a 20.996 euro (dato inferiore alla media del Caf acli nazionale, che fa registrare un reddito medio pro capite di 21.934 euro, e delle acli lombarde, con 23.931 euro). E il calo è ancora superiore - 555 euro - se si considera il periodo 2008-11.
A FARNE le spese è soprattutto la fascia più debole, con una decurtazione di 1179 euro lordi in soli quattro anni. Vale a dire uno stipendio e mezzo in meno. La fascia di chi guadagna tra 28 mila e 55 mila euro sembra la meno colpita e fa registrare un aumento di 360 euro sul quadriennio 2008-11; ma l´incremento percentuale è solo dell´1,02 per cento, comunque inferiore all´aumento del costo della vita.
ALCUNE differenze emergono anche tra le diverse zone della provincia: la zona del Garda è la più ricca, con un reddito medio di 23.639 euro, seguita da Brescia città (23.320 euro); fanalino di coda la Valcamonica, con appena 17.047 euro.
Nel rapporto Caf acli emerge anche l´annosa questione della differenza di retribuzione tra uomini e donne. A fronte di un marcato aumento del numero di donne che si sono rivolte alle acli per la dichiarazione dei redditi, la variazione di reddito medio tra il 2008 e il 2011 è di segno opposto: mentre per gli uomini si registra un aumento medio di 213 euro, la diminuzione per le donne è di 814 euro. Così, se i maschi bresciani guadagnano in media 25.550 euro, le donne inseguono da lontanissimo, con soli 15.851 euro pro capite. Segno che la parità di trattamento economico sul luogo di lavoro è ancora lungi dall´essere realizzata. E anche gli stranieri hanno visto un calo del reddito: dai 18.565 euro del 2008 ai 16.984 del 2011.
Il presidente provinciale delle acli, Roberto Rossini, ha rilanciato un tema caro all´associazione: «Dobbiamo ricominciare a parlare di «redistribuzione del reddito», puntando su nuove detrazioni d´imposta. Se sarà possibile recuperare un maggior numero di spese chiederemo più fatture, a beneficio della lotta all´evasione fiscale».

Manuel Venturi

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Spese sanità e università: è emergenza

Dal quarto rapporto sui redditi delle acli bresciane emergono altri dati preoccupanti, relativi a sanità ed istruzione. Se sui 40 mila contribuenti analizzati, più di 14 mila non sostengono spese mediche, la ragione è da attribuire, secondo le acli, al fatto che le classi meno abbienti spesso rimandano interventi «non urgenti» per mancanza di risorse economiche. Il calo maggiore, infatti, si registra nella prima fascia. Quasi il 65 per cento di chi si è rivolto al Caf acli ha sostenuto spese mediche, ma tra chi guadagna fino a 15 mila euro la percentuale precipita al 45 per cento, con un calo vicino al sette per cento rispetto al 2008. E´ il segno che la spesa sanitaria non è accessibile a tutti, e la situazione è grave perchè diritto primario.
ANCHE I DATI sulla stipula dei mutui fanno riflettere: la diminuzione dal 2007 ad oggi è generale, ma più marcata nella fascia più debole: se prima un soggetto ogni 13 accedeva ad un mutuo, oggi solo uno su 17 se lo può permettere.
Preoccupante è anche il calo delle iscrizioni all´università, riscontrabile anche nel fatto che i contribuenti sotto i 25 anni presentatisi alle acli per il 730 sono quasi raddoppiati tra il 2008 ed il 2011. Segno che i giovani sono disillusi riguardo al valore della laurea, e che preferiscono entrare subito nel mondo del lavoro. Ma le acli fanno notare come questo fenomeno abbassi la qualità del mercato del lavoro italiano (confermata dal basso tasso di laureati rispetto alla media Ocse: 20 per cento contro 35 per cento). Un altro tasto dolente è il fallimento della previdenza complementare. Alla situazione caratterizzata da stipendi bassi e contratti precari, rischia di sommarsi un impoverimento futuro, quando i giovani di oggi si ritireranno dal mondo del lavoro senza un´adeguata copertura economica.M.VEN.

 

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