Articolo Giornale di Brescia sull'incontro con l'on. Bachelet

Domenica 12 dicembre 2010

Il cristiano che si impegna in politica «non è al di sopra delle parti»: far politica significa anche dividersi sulle soluzioni da dare ai problemi, e il cristiano «prima di tutto deve scegliere da che parte stare». Giovanni Bachelet, deputato del Partito Democratico, è intervenuto ieri all'incontro su «Una nuova classe di politici cattolici?», che si è svolto in città nella sede provinciale delle Acli. L'appuntamento era parte di un percorso di riflessione sul tema della formazione dei laici cristiani alla vita politica: un'iniziativa - ha spiegato Dante Mantovani, responsabile Acli della Commissione per la formazione - «avviata un anno e mezzo fa per aiutare le comunità parrocchiali e associative a formare laici più responsabili e autonomi sul piano sociale e politico». Un invito ai cattolici a «stare in piazza», come ha detto il presidente delle Acli Roberto Rossini, riprendendo l'esortazione «a studiare molto» rivolta ai cristiani il giorno dell'Immacolata dal vescovo Luciano Monari: «Bisogna ricercare di più, perché oggi non ci mancano i valori ma la capacità di suscitare una passione civile».
Di un «ampio spazio di mediazione tra fede e storia, che va occupato da persone competenti» ha parlato Michele Busi, presidente dell'Azione Cattolica, che ha condotto il dibattito. I molti interventi che hanno preceduto e seguito quello di Bachelet - tra i partecipanti anche l'ex sindaco di Brescia, Cesare Trebeschi - hanno posto al relatore non poche questioni: il rapporto tra politici credenti e gerarchie ecclesiastiche; la definizione dei «princìpi non negoziabili»; la difficoltà, affrontando casi concreti come la recente protesta degli immigrati saliti sulla gru, di «parlar chiaro» senza produrre spaccature nella comunità.
La separazione, ha sottolineato Bachelet, è necessaria per la democrazia, «che non esiste senza partiti: già don Sturzo nel 1905 auspicava che i cristiani si dividessero tra sinceramente conservatori e sinceramente democratici». Anche per questo è giusto «ripartire dal territorio per trovare il senso profondo della politica. Occupandosi del territorio si apprende che fra i nostri ideali e la loro attuazione c'è di mezzo un agire che dipende dalla nostra responsabilità. Cosa fare non è scritto nel Vangelo: su molti problemi, i cristiani possono scegliere soluzioni diverse». Intorno ad esse hanno l'obbligo di creare consenso: «Non basta fissare tre o quattro princìpi irrinunciabili su cui essere intransigenti. Bisogna trovare alleati, anche tra chi ha punti di vista diversi dai nostri. In altri Paesi europei, peraltro, la moralità personale, il rispetto della legalità e della persona umana sono valori condivisi a destra come a sinistra».
I grandi politici cattolici italiani «sono stati rilevanti nel perseguire un'idea complessiva di bene comune». Su questa strada c'è da lavorare: «Quando Berlusconi cadrà, le idee ricominceranno a contare. Si deve aver fiducia, sapendo però che se i partiti continueranno a essere autoreferenziali, chiusi alla società, le scuole di politica non basteranno».
Nicola Rocchi

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