Pagina Acli sulla Voce del Popolo

Giovedì 3 gennaio 2013

Considerazioni associative.
Acli. Storia, democrazia, frontiera

L’anno appena trascorso è stato molto significativo per le Acli. In questi ultimi mesi ho preso a leggere con una certa assiduità i libri della storia della nostra associazione. E, proprio attraverso queste letture, cerco di formulare tre considerazioni.
La prima è che una grande storia ci chiama a una grande responsabilità. Le Acli hanno sempre ricoperto un ruolo significativo nella storia della nostra comunità, locale o nazionale.
Hanno sempre avuto l’ambizione di dire e di fare. E` un atteggiamento a volte presuntuoso, ma che dà la misura di una generosità, di un esserci per stare là dove si svolge davvero la battaglia. Non fuori. Quando sento qualche socio di lunga data chiedere “ma le Acli, le dis nient?”, capisco che è proprio questo il nostro carattere, sta nel nostro dna. Nessuna reticenza, nessun passo indietro: diversamente da altre associazioni, noi dobbiamo dichiarare. Certo, a volte diciamo facendo (il famoso “fare pensato”), perchè a volte le parole non servono.
La seconda è che le Acli rimangono una straordinaria palestra di democrazia, un luogo dove crescere sia politicamente sia umanamente. Nelle Acli si è sempre discusso, litigato, ci si è divisi e accordati, creato maggioranze e minoranze, discusso idee e posizioni, proposto documenti e azioni sociali... Attraverso le esperienze delle Acli si legge tutta una grammatica delle azioni politiche, delle possibili modalità con le quali creare consenso.
Attraverso queste esperienze si coglie tutta la fatica della democrazia: una forma di governo che richiede intelligenza e conoscenza, capacità di persuasione e di argomentazione, ethos e pathos, strategia e tattica, pazienza e rapidità, fermezza e flessibilità..
Molte di queste capacità formano anche tutta una grammatica delle azioni umane: perchè la palestra democratica è anche un luogo dove si allenano i muscoli della personalità.
La terza è che le Acli sono un’esperienza di confine, di frontiera, i confini della cui azione sono molto vicini alle geografie della politica, del sindacato, della Chiesa e – in generale – al grande mare della società. Come in tutti i luoghi di confine, le identità s’incontrano. E` una situazione che non corrisponde certo a una talebana idea di purezza della razza, ma – al contrario – è un esempio di meticciato. Noi immaginiamo che nei luoghi di confine sia possibile regolare questi incroci in modo intelligente e non eccessivamente rigido.
Si dovrà consentire una naturale disposizione alla passione politica o altro, pur senza dimenticare che un’organizzazione ha alcune regole sulle quali non può transigere, pena la sua scomparsa o inutilità. Affinchè tutto ciò avvenga al meglio è necessaria una comunità di solidi rapporti umani: una comunità di destino.
Don Milani, come ben sappiamo, sosteneva che “il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”. E noi, d’altra parte, non abbiamo una concezione individualistica nè della società, nè della politica.

Roberto Rossini

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