#EDITORIALE

 

#EDITORIAL
Todo cambia (come?)

di Roberto Rossini (presidente provinciale ACLI)
 
Dispersi. Stipati in vecchi barconi come nei treni che andavano ad Auschwitz, guidati da ubriaconi e organizzati da mafiosi con la complicità di delinquenti, a prezzi da usura un gruppo di disperati che proviene da guerre, carestie e violenze continua a scegliere di imbarcarsi. Un viaggio infernale che per meta avrebbe quel paradiso che si chiama Italia. Quel paese che, assieme ai francesi e ad altri eserciti amici, ha bombardato il paese dal quale partono questi poveri cristi. Potevano affogare nelle sabbie del deserto. Invece sono annegati nelle acque del Mediterraneo: un cimitero liquido, a cielo aperto dove – nello stesso tempo e nello stesso spazio – navigano sia gommoni di disperati sia yacht di straricchi. Alcuni italiani, dopo che centinaia di profughi sono morti – donne e bambini compresi – hanno speculato, riso e commentato cinicamente. Qualcuno ha parlato anche di bombardamenti. Ma noi non aggiungiamo altro, che non sia il nostro disprezzo sulle loro parole. Manca invece la parola della politica, che deve dire se Mare Nostrum (o come altro potrebbe chiamarsi) lo ripristiniamo o no. E` solo una questione di umanità concreta, prima ancora di astratti principi. Prima che diventi Mare Mostrum.
Dimenticati. Il 25 aprile ognuno se lo festeggia a modo suo. E non è un grande risultato. In piazza Loggia sembra di vivere più dimensioni spazio-temporali. C’è chi ascolta gli oratori sul palco (buona l’idea di far parlare anche i giovani, quest’anno) e tende ad assieparsi. C’è chi girovaga e ciabatta tra i gruppetti che inevitabilmente si formano (anche in reazione al fatto che l’audio degli oratori è troppo basso). C’è chi entra in piazza cantando con basi musicali sparate a tutto volume e sbandierando vari colori. C’è chi assiste a tutto questo, fumando e commentando. Tutto insieme e tutto separato. Il 25 aprile è una festa decisiva nel riaffermare i valori che uniscono questa Repubblica. Ma nel Paese sta scomparendo un desiderio di appartenenza valoriale, di condivisione di un senso della storia. Come se i morti di quella tragica stagione fossero stati rimossi, dimenticando quel senso che ha costituito la ragione del loro sacrificio. Perchè a volte si vive, ma di più contano le ragioni per cui si vive. Riusciremo a riscoprire una ragione di vita comune in questo Paese, che tenga insieme le ragioni del nostro passato con le opportunità che offre il futuro?
Eletti e dissanguati. Peraltro stiamo distruggendo un patrimonio fatto di rispetto istituzionale. Certo gli anni Sessanta e Settanta hanno avuto il loro bel ruolo nel destrutturare il potere. Poi gli anni Novanta hanno completato l’opera, distruggendo prima le prerogative, poi i simboli e infine le forme. Cosi` anche certi contenuti se ne sono andati. Il risultato finale è una naturale diffidenza verso chi raccoglie voti democraticamente. Via libera invece a quelli che la sparano grossa – fingendo di non rincorrere alcun consenso politico – e a quelli che non hanno bisogno di essere eletti per esercitare il potere, ovvero gli esperti, i burocrati, i tecnici. Poi scopri che qualcuno di loro (per fortuna pochi) rubano, trafficano, si fanno gli affari loro, come nel caso del Ministero dei lavori pubblici. Perché il politico passa, mentre certi “mandarini” restano. Eppure lo sdegno va sempre al politico, in particolare a quello eletto direttamente dal popolo. Forse è anche per questo che si salva il Presidente della Repubblica. Forse è per questo che si salva anche Renzi: nemmeno lui è stato direttamente votato dal popolo. Votare sembra diventato simile a donare il sangue, e che una volta dato non ritorni più. Una repubblica dissanguata. O comunque un po’ pallida, anemica.
Disoccupati. Pallida è anche la crescita del Pil. Finalmente cresce. Però con un certo pallore: è uno zerovirgola (pur sempre meglio di uno zero o di un sottozero). Purtroppo l’occupazione non aumenta dello stesso grado. Come a dire che migliora la produttività, ma questa ha meno bisogno di occupazione. Non è strano in una società avanzata, la cui produzione richiede manodopera molto qualificata oppure poco qualificata. Ma se questa tendenza dovesse rafforzarsi, significherebbe che per qualche anno avremmo una società più disoccupata, e quindi più spostata (o meno centrata), sempre alla ricerca di un qualcosa d’altro che trova le sue fondamenta in un’assenza assai reale. Alla messa del 1° maggio al villaggio Violino – in ricordo di padre Marcolini – il nostro vescovo ci parlava della “giusta terna” di casa, lavoro e famiglia. Allora: il lavoro va così, la famiglia sta mutando e anche la condizione immobiliare non è delle più floride. Quando si modifica questa terna non occorrono neanche le rivoluzioni politiche a sancire il cambiamento. Significa che sta cambiando un mondo. Todo cambia, cantava Dolores. Tutto muta, tutto scorre. Pensare politicamente significa capire dove si sta andando e come salvare l’uomo nelle nuove condizioni. La giusta rotta. Per non naufragare.
 
 
Riformare (l'opinione pubblica)
di Stefania Romano

Riformare: “Formare di nuovo, nello stesso modo o in modo diverso; trasformare dando forma diversa e migliore; riordinare mediante riforme, modificare sostanzialmente” (treccani.it).
Vogliamo riformare tutto: la Costituzione, il lavoro, la scuola, la legge elettorale, la sanità, la giustizia, le pensioni, l’Unione europea, la Chiesa...
Non piace nulla di ciò che c’è, tutto è inadeguato. Per ciascuno di questi temi si è pronti a sfoderare ognuno la propria ricetta, pensando che sia degna di vincere il Master Chef della competenza.
E se ci fosse bisogno di riformare anche l’opinione pubblica? O meglio, il modo di fare opinione pubblica.
Vorremmo dare un contributo pensato alla riflessione collettiva.
Abbiamo chiesto a persone autorevoli di esprimere il proprio parere su alcuni dei nodi dell’attualità.
Abbiamo ricercato i numeri, perché la “cultura del dato” per noi è ancora fondante.
I diversi “temi non servono direttamente a determinare il contenuto delle opinioni ma, in primo luogo, e soprattutto, a catturare l’attenzione" (N. Luhmann).
Cosi`, l’opinione pubblica diventa effetto d’agenda, grazie ai processi comunicativi che catturano l’attenzione del pubblico.
 

 

 
In questo numero di Battaglie Sociali:

Filo Rosso
Riformare le leggi (di Marina Berlinghieri e Paolo Poli)
 
Bel paese
Welfare bresciano (di Erri Diva)
Immigrato-Barcone (di Flavia Bolis)

Chiave a stella

Tu vuò fa come il germano (di Alessio Bonetti)

Filo soffiato

Andrea Trebeschi (di Antonio Trebeschi)

Cooltura
Mutamenti bestiali (di Angelo Onger)

On tè road
Vivere con un blog (di Marco Stizioli)

Annales
Primo Maggio (di Salvatore Del Vecchio)

e molto altro...

 

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