Per una civiltà dell'amore

Per una civiltà dell'amore



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#EDITORIALE

#EDITORIAL

Politica. Questione di civiltà
di Pierangelo Milesi (presidente provinciale Acli)


Il 14 ottobre scorso, concludendo la Santa Messa in Vaticano durante la quale Paolo VI è stato proclamato Santo, Papa Francesco ha voluto salutare “il folto gruppo delle ACLI, rimaste molto riconoscenti al Papa Paolo VI”. Questo speciale saluto ci ha stupito e reso felici, perché pare il modo migliore per chiudere, in un’autentica riconciliazione, la vicenda dolorosa apertasi con la cosiddetta “ipotesi socialista” delle Acli nel 1970 e la conseguente “deplorazione” di Paolo VI nel 1971. Rimanere riconoscenti a Paolo VI ci richiama alla responsabilità di declinare nell’attuale contesto il desiderio di costruire la “civiltà dell’amore”. La rilettura, lo studio, la preghiera, la celebrazione di San Paolo VI, ci hanno permesso la gioia di riscoprire, oltre che la sua figura storica, l’attualità della sua eredità spirituale e magisteriale. In particolare riscopriamo di essere un movimento di pedagogia sociale con il grande compito di educare all’umanesimo integrale e solidale.
Così, essere riconoscenti a Paolo VI e non riconoscere Gesù, magari perché distratti dalle luci abbaglianti del natale commerciale, sarebbe davvero un peccato... Ma dobbiamo essere grati al Parlamento che ha convertito in Legge (con voto di fiducia, senza possibilità di discussione in Aula e senza ascoltare molteplici, accorati e competenti appelli a riguardo) il cosiddetto Decreto “sicurezza e immigrazione” n. 113/2018 del Governo. Grazie a questa Legge infatti avremo la possibilità nei prossimi giorni e mesi di incontrare il Natale, quello vero, quello in carne e ossa: donne e uomini, per lo più giovani e anche bambini, che non potendo più godere della “protezione umanitaria”, saranno costretti a vivere nell’illegalità tra le vie delle nostre città. Bene, avevamo proprio bisogno di una Legge che ci mostrasse meglio il Volto di Gesù in mezzo a noi. Ora abbiamo meno scuse, abbiamo il Presepe vivente per strada... diciamo che questa legge è come una stella cometa che ci porta dritti alla capanna di Betlemme. Bisogna solo seguirla... Così anche i parroci hanno l’omelia pronta per la notte di Natale. Forse non saranno soddisfatti i parrocchiani che confidavano di essere più sicuri per decreto... Di certo non sono contenti i Sindaci delle nostre comunità, che sanno le conseguenze di insicurezza di questo provvedimento davvero scellerato. Come Acli abbiamo compreso una cosa: l’urgenza di una paziente, profonda opera culturale.
Abbiamo necessità di aprire un dialogo costante e proficuo con tutti coloro che hanno a cuore la persona e il diritto: un nuovo appello ai liberi e ai forti. La questione culturale si fa Questione politica sulla quale chiamare i laici cattolici ad un impegno, ad una responsabilità, perché la frammentazione sociale esige la riabilitazione della politica. Noi faremo la nostra parte: formare, assistere, accompagnare, stare insieme alle persone, promuovere la socialità e la personalità sociale, tenere il filo della politica, perché è ancora la politica l'unica capace di produrre una sintesi. Cominceremo nell’assumere la sfida della promozione dell’Europa come destino comune, come esperienza di pace cha può dare al mondo il suo umanesimo, la sua forza ragionevole, la sua capacità di dialogo, le sue risorse, il suo modello sociale, il suo diritto, la sua cultura. Lavoreremo per un’Europa autenticamente politica e non solo economica, un’Europa che rappresenta la possibilità di futuro per i nostri figli e che nessuno può permettersi di rubare. Sarà un buon lavoro. Per tutti, anche per chi non ci crede.

 

Amo l'uomo. Faccio politica
di Daniela Del Ciello

Abbiamo usato un’espressione di San Paolo VI per titolare questo numero. Poche parole luminose e impegnative che prendiamo in prestito a un uomo santo per ricordare quello che – nonostante tutto – è un destino e un compito per l’uomo: costruire la civiltà dell’amore
È il nostro destino, perché in quanto uomini siamo stati creati per amare. È nostro compito, perché la libertà di cui ci è stato fatto dono ci dà la possibilità di costruire le città e le nazioni, di dare loro una forma secondo i bisogni e i desideri, per realizzare il bene.
Con uno sforzo di buona fede possiamo affermare che qualsiasi compagine politica crede di agire per il bene, ma qualcuno sbaglia gli obiettivi, qualcuno i modi, qualcuno confonde l’egoismo per bisogno, altri ignorano i bisogni perché accecati dall’egoismo.
Il clima di sfiducia nei confronti della politica però si sta via via trasformando in una profezia che si auto-avvera: i costi personali a cui deve sottoporsi chi accetta di impegnarsi per il bene comune (essere sospettato costantemente di secondi fini, vedersi indagato anche negli aspetti più personali della vita...) sono talmente alti che le persone capaci e competenti, a cui la politica avrebbe da ricevere più che da dare, preferiscono rinunciarvi. Al loro posto si trovano sempre più spesso individui con poco da perdere, che credono di potersi riscattare grazie alla politica (vedi V. Pelligra, Castelli-Padoan, quando la moneta cattiva scaccia quella buona, Il Sole 24 Ore, 2 dicembre 2018).
Questo meccanismo sta mettendo a dura prova la qualità della nostra democrazia. E l’unico modo per uscire da questo circolo vizioso è un atto d’amore: quello dell’impegno delle persone che abbiano una visione alta della democrazia e dell’uomo, che possano mettere così in circolo qualità e speranza nel nostro sistema democratico.
Come Acli possiamo promettere che sosterremo sempre la buona politica e cercheremo sempre di formare, con i strumenti a nostra disposizione, classe dirigente capace di atti d’amore per la comunità in cui vivono.

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Questa volta abbiamo scelto un quadro a completamento del messaggio di copertina. Il dipinto è La vie (la vita) di Marc Chagall. Secondo Raïssa Maritain (intellettuale, moglie di Jacques) – il mondo dipinto da Chagall nelle sue opere “ignora l’odio e la discordia, proclama la grazia e la gioia, la fraternità e l’amore”. Eppure non nega la realtà.
Sotto a quell’astro (o quella giostra, chissà) che “illumina” la tela c’è proprio la realtà nelle sue varie forme. C’è una barca, ad esempio, che rappresenta la condizione di ebreo errante, in perenne esilio (e a noi cosa ricorda, oggi, quel viaggio per mare?). Ci sono le città: c’è Parigi, ben evidente e in cui poggia i piedi l’autore, saldamente, e c’è la città natale del pittore Vitebsk, rappresentata da diversi personaggi come il violinista o i contadini. C’è l’amore dei due sposi, c’è quello protettivo del lato destro del quadro, con una grande donna che abbraccia, ci sono animali e circensi.
C’è disordine, in questa grande tela,
ma è armonico, (ben) “governato”.
Noi ci sentiamo come Chagall, nel parlare di amore in politica, e nel farlo oggi. Lui scrisse: “Chiamatemi pure sognatore. Tutt’altro: io sono un realista. Amo la terra”. Amo l’uomo, possiamo dire noi.

Buon Natale!

 

In questo numero di Battaglie Sociali:

Filo Rosso
L'umanesimo integrale della cività dell'amore (di Angelo Onger)
Un fare pensato (di Stefania Romano)
La sinistra è in crisi (di Vera Lomazzi)

I segni dei tempi
Il governo basato sul contratto (di Arsenio Entrada)

Fatti non foste
Aiutati a pensare (a cura della Redazione)

Librarti
di Arsenio Entrada e Alberto Franchi

Annales
di Salvatore Del Vecchio

Conoscere, scegliere, discernere
di Fabio Scozzesi

Sportello Lavoro
di Roberto Toninelli

Pensioni: aspettando la quota 100
di Giuseppe Foresti

Io non sono come gli altri
di don Mario Benedini

e molto altro...

 

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