La fatica della pace

La fatica della pace

n° 3 inverno 2025 / Anno 66 - n. 531

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#EDITORIALE



Beati coloro che faticano per la pace
di Stefania Romano (presidente provinciale Acli)
 

Voci silenti. In una mattina (non) qualunque, immagina: una sala d’aspetto, lettori e lettrici provenienti dagli sportelli e dall’associazione, voci serie e composte che leggono decine di nomi in lingua araba ed ebraica, occhi attenti e commossi. Quei nomi erano alcuni degli oltre 12.000 letti tra il 29 e 30 ottobre a Brescia, per ricordare bambini e bambine vittime del conflitto israelo-palestinese. Poche parole di contesto, ma solo l’intenzione di dare un corpo e un’anima a chi, innocente, è stato strappato alla vita e al futuro. Chi è stato sorpreso da quella lettura non avrebbe probabilmente partecipato ad una conferenza in argomento ma forse quello scorrere lento di nomi è valso più di mille frasi. Per una volta non sono state fatte analisi o proposte pseudo soluzioni, ma siamo entrati nel cuore di quel paradosso mostruoso che è la guerra, per dare voce e memoria a chi voce e memoria non avrà più. Perché la guerra è la fine di tutto e mai l’inizio di qualcosa di buono.

La fatica della pace. È faticoso essere in pace. Il nostro è un mondo perennemente in conflitto: decine di guerre silenziate, alcune più amplificate, con il rischio per tutte, prima o poi, di diventare abitudine, assuefazione oppure oblio. E allora i media ne parlano via via sempre meno e chi continua nell’opera di denuncia, magari sotto i colori della bandiera arcobaleno, è percepito come il solito “vecchio pacifista della prima ora” fermo agli splendidi anni che furono e che non saranno più. Guerra e pace rischiano di non fare più notizia, soprattutto quando i tempi del conflitto si allungano e lentezza e complessità di presunte soluzioni logorano l’attenzione dei più.

Piazze (e coscienze) in movimento. Eppure negli ultimi mesi un risveglio c’è stato. “Nella periferia del nostro paese, nei bordi, nei margini, va in onda da mesi il nostro specifico – italiano – “non nel mio nome”. Diffuso, creativo, testardo, pacifico “non nel mio nome”. È un dissenso garbato e sommesso, focalizzato su Gaza, sulla cosa più enorme che ci è successa, sul genocidio che stiamo commettendo noi europei, ancora una volta. Ed è un dissenso trasversale, inclusivo, che attraversa credi, posizioni politiche, età, generazioni, sostrati sociali, culture. La base su cui poggia questo singolare dissenso è una, e una sola: “un genocidio non si fa, e se ne siamo testimoni (seppure a distanza) occorre fermarlo” (Caridi-Montanari). La speranza e che questa ripresa della partecipazione non sia un fenomeno momentaneo, destinato a bruciarsi in breve tempo, come alcune manifestazioni politiche del recente passato, ma sia un nuovo inizio, una nuova forma di coscienza che possa diventare sempre più politica e trasformarsi in voto. Se così non fosse, il male dell’astensionismo è destinato a radicarsi sempre più profondamente, a diventare ormai incurabile, portando alla morte prematura e disastrosa della nostra democrazia.

Pace è giustizia. Se guardiamo alle numerose tensioni interne alla società, come le disuguaglianze sociali, la povertà e le difficoltà che vivono le persone più vulnerabili, la pace si declina certamente come assenza di guerra, ma anche come giustizia sociale, pari opportunità, rispetto dei diritti. “Giustizia e pace si baceranno”: le parole del salmo 84/85 v.11 raccolgono l’aspirazione di milioni di persone che sognano ancora un mondo giusto. Abbiamo bisogno di incontrare testimoni di pace e di giustizia che possano parafrasare le parole di grandi profeti, laici o religiosi, come Tonino Bello, Giorgio La Pira, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Madre Teresa. Nelle nostre comunità vivono tanti santi e sante minori che fanno proprio il connubio “pace e giustizia” e lavorano silenziosamente ma efficacemente affinché si consolidi la concordia civile. Anche per loro la pace è fatica quotidiana.

Quotidianità e futuro. La “fatica della pace” si traduce anche nell’impegno quotidiano delle Acli e del movimento. Questo può includere il lavoro con le persone in difficoltà, l’impegno per i diritti civili e sociali e il contrasto alle disuguaglianze. Le Acli bresciane sono da sempre in prima linea nel sostegno ai più fragili, in una continua battaglia per garantire a tutti pari dignità e opportunità. La fatica della pace è, per noi, la fatica di ogni giorno, nel confronto con le persone che affrontano solitudini, difficoltà economiche e incertezze. Ma questa fatica non ci scoraggia: anzi, è il nostro motore per continuare a la- vorare, insieme alle istituzioni e alla società civile, per un futuro più giusto e inclusivo.

In cammino, insieme. La pace, in tutte le sue declinazioni, è un cammino che non ha fine. Le Acli bresciane saranno sempre al fianco di chi ha bisogno, di chi lotta per il proprio posto nella società, per chi crede che una vita più giusta sia possibile. La fatica della pace, in fondo, è anche la bellezza del nostro impegno quotidiano. È indispensabile continuare questo cammino insieme, non smettere di credere che la pace, pur essendo una fatica, sia un obiettivo che possiamo e dobbiamo raggiungere. Solo uniti, con coraggio e speranza, possiamo davvero costruire una società più giusta per le generazioni presenti e future.

Sguardo al Natale. Papa Francesco ha spesso scosso le nostre coscienze a Natale. In una omelia ci ha ricordato che Gesù è nato nella mangiatoia, cerca una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di chiacchiere ed esteriorità. Lui, che si mette a nudo nella mangiatoia e si metterà a nudo sulla croce, ci chiede verità, di andare alla nuda realtà delle cose, di deporre ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie. Siamo chiamati alla corresponsabilità in ogni gesto quotidiano verso il prossimo e la comunità. “Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini”. Anche di quei 12.227 di cui abbiamo letto i nomi come atto di responsabilità collettiva.

Buon Natale di pace, giustizia e speranza.

 


In questo numero di Battaglie Sociali

Filo Rosso
Il volto nuovo del pacifismo (di Irene Panighetti)
Se il soft power non basta più (di Daniela Del Ciello)
Il realismo della pace (di Michele Brunelli)
Il coraggio della pace (di Pierangelo Milesi)

I segni dei tempi
Economia circoloare, facciamo il punto (di Michele Scalvenzi)

Fatti non foste
Fornelli resistenti per accogliere i migranti (di Clara, Gloria, Mario, Siria)

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a cura della Redazione
 
Il fumo fa male anche alle multinazionali
di Fabio Scozzesi

Pane al pane. La fatica della pace
di mons. Alfredo Scaratti

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