La povertà è un fatto che non riguarda solamente i poveri

Giovedì 8 aprile 2021

Proponiamo l'articolo di Roberto Rossini pubblicato sul giornale Domani

 

Il 2020 ci ha portato un milione di poveri in più: ora in totale siamo a 5,5 milioni in Italia. Sono dati Istat, dunque sicuri, anche se basati solo sui consumi. Cosa dicono? Che oltre alla tragica conferma dei “soliti casi” – famiglie numerose, sud, stranieri, bassi titoli di studio – stavolta ecco anche il nord e la questione lavoro. D’altra parte se si pensa agli stagionali, alle partite Iva o alle fasce grigie dove non si accede ad alcun sussidio si capisce tutto e subito. Il virus della povertà ha intaccato categorie finora “redditualmente vaccinate”, dotate di anticorpi socio-economici finora resistenti, immunizzanti. In termini di politiche sociali verrebbe da porsi almeno un paio di domande: ma le contromisure poste in atto sono state efficaci? Come ridurre i “numeri”?

 

Le pandemie hanno spesso avuto un effetto livellante sul piano socio-economico, ma non il Covid-19, che invece ha operato al contrario, ampliando le disuguaglianze esistenti. Dunque se non fossero state varate alcune misure – dal blocco dei licenziamenti alla Cig in deroga, dall’estensione della durata dei sussidi di disoccupazione al bonus per gli autonomi, dal Reddito di cittadinanza (Rdc) al Reddito di emergenza (Rem) – non avremmo “solo” un milione di poveri in più, ma quasi 3. C’è una simulazione sui redditi realizzata da Giovanni Gallo e da Michele Raitano secondo la quale le retribuzioni lorde dei lavoratori si sono mediamente ridotte del 21,5 per cento, ma grazie ai sussidi e ai trasferimenti la riduzione media si è fermata all’11,8 per cento. Tra l’altro i trasferimenti si sono rivelati lievemente progressivi e dunque i riflessi sulle famiglie sono stati positivi, perché in media i trasferimenti ricevuti hanno compensato del 42 per cento la caduta dei redditi di mercato.

 

COSA CAMBIARE

Dunque le misure varate sono state molto efficaci. Ora vi sarà anche l’assegno unico per i figli. La legge approvata dice che l’assegno unico è compatibile con il Rdc e che nella determinazione dell’ammontare complessivo si tiene eventualmente conto della quota del beneficio economico del Rdc attribuibile ai componenti familiari di minore età. Anche questo sarà un importante passo avanti. Che cosa si può fare, allora, per ridurre i numeri dell’Istat? Anzitutto una revisione su tre livelli del Rdc. Il primo concerne la determinazione dell’importo o anche, solo, l’accesso al provvedimento. Oltre alle famiglie numerose sono penalizzati gli stranieri – limite davvero incomprensibile – e chi è caduto temporaneamente in povertà. Il Reddito di emergenza dà alcune risposte utili: il nuovo Rdc dovrà dunque “ricomprendere” il Rem e modificarsi in quelle norme che limitano la platea degli aventi diritto.

 

Il secondo livello è del welfare locale, da rafforzare nella presa in carico dei soggetti in povertà, a partire da qualche idea da mettere in campo per un’analisi preliminare dei casi per garantire un’assistenza puntuale, duratura ed efficace. Il Piano povertà in corso di elaborazione ha l’occasione per dare delle risposte positive.

 

Il terzo e ultimo livello è quello delle politiche attive. Il lavoro non si crea per decreto, però un buon decreto crea le condizioni per favorire il mercato del lavoro. Occorre anzitutto garantire qualche percentuale di compatibilità a chi sospende il Rdc per un lavoro temporaneo, per “non perderci” accettando un lavoro per qualche mese. Sulle politiche attive vi sono molte proposte interessanti: dai Patti per l’imprenditoria civile ai percorsi di formazione in collaborazione coi Centri di formazione professionale. Sulle politiche attive si può lavorare molto e bene, e il Recovery plan offre un’occasione decisiva.

 

Dunque per ottenere un solo risultato serve agire su più livelli: la povertà è un fatto che non riguarda solo i poveri. Il numero di poveri deriva da come funzionano più sistemi, da quello giuridico a quello economico e sociale. Una virgola può modificare l’ingranaggio e “produrre” più o meno poveri, scarti umani. Mettere a punto il meccanismo, oliarlo, manutenerlo è un fatto apparentemente tecnico in realtà politico. E anche morale.

 

Roberto Rossini, Portavoce dell'Alleanza contro la povertà e ex Presidente nazionale delle Acli 

 

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