Un'Italia più sana se fiscalmente equa

Martedì 21 aprile 2020

 

Siamo stremati dalle emergenze e ancora giustamente concentrati sulla tenuta dei servizi sanitari e sociali, tuttavia abbiamo il dovere di pensare alla ricostruzione sociale, economica e civile che richiede idee, energie e risorse. Si ricostruisce uno Stato - e si ricostruirà una diversa Unione europea - solo attraverso la riedificazione di una autentica base fiscale fondata su una reale equità, riaffermando con forza il principio della progressività, istituendo una tassazione equilibrata sui grandi patrimoni e sulle rendite. Se nell’emergenza abbiamo visto importanti gesti di solidarietà che si sono manifestati con grandi e piccole donazioni, grazie anche alle campagne di raccolta fondi, sappiamo bene che il doveroso sostegno dello Stato attinge a risorse pubbliche che provengono dalle tasse di quella parte di italiani che le hanno sempre pagate.

 

Nel corso degli ultimi trent’anni in tutti i paesi europei si è assistito ad un graduale ma continuo spostamento della tassazione su lavoro e reddito (di persone e imprese), mentre si è alleggerita la tassazione sulla ricchezza e sulle rendite. Abbiamo ridotto le aliquote, eliminando quelle più elevate per redditi alti. Abbiamo abolito le tasse di successione, anche per i grandi patrimoni.


Abbiamo mantenuto una tassazione irrisoria sulle speculazioni finanziarie, sui capital gain, sulle operazioni di pagamento con stock option, sui riacquisti speculativi di azioni effettuati con il solo obiettivo di incrementare artificialmente il valore delle azioni stesse. Abbiamo tollerato la sopravvivenza di un sistema economico realisticamente nascosto dietro percentuali di disoccupazione fino al 50 per cento.
Negli ultimi 10 anni abbiamo operato tagli alla sanità pubblica per 37 miliardi, e, ultimamente, abbiamo promosso quota 100 e raccontato favole su tasse piatte, istigando gli italiani a ribellarsi al fisco.

 

Fra qualche mese ci sarà un’economia da ricostruire e un debito pubblico che sarà ancora più imponente e ci saranno solo due strade da percorrere: razionalizzare la spesa (dove si deve!) e ridistribuire diversamente il carico fiscale. Cioè «rimboccarsi le maniche», senso di responsabilità e solidarietà. Altro che «tagliare le tasse», pronunciato in ogni dove da politici di diversi schieramenti, spesso gli stessi che in questi giorni proclamano con la medesima convinzione la necessità di interventi economici straordinari. Ci dobbiamo rieducare a una diversa descrizione del significato dell’equità fiscale e sul ruolo delle tasse nella edificazione di una civiltà. Non si può essere patrioti senza essere anche dei corretti contribuenti.


Interessante, a proposito di responsabilità fiscale, la proposta del presidente della Fondazione Italia sociale, Enzo Manes: «Occorre un contributo di solidarietà a valere sulla ricchezza privata.

 

In Italia, per avere un ordine di grandezza, il private banking e il wealth management hanno in gestione 912 miliardi di euro per conto di circa un milione di clienti facoltosi. Se dai patrimoni superiori al milione di euro fosse prelevato l’uno per mille una tantum si potrebbe creare un fondo di dimensioni sufficienti ad un’azione di impatto significativo. Questa "donazione obbligatoria" (da accompagnare con uno sgravio fiscale) - non cambierebbe certo in peggio la vita di chi possedendo un patrimonio finanziario di un milione di euro si priverebbe di mille euro per dare una mano a tenere in piedi il non profit italiano. Sarebbe un’azione coraggiosa e lungimirante. Un atto civico per capitalizzare, prolungandone gli effetti, il senso di solidarietà che avvertiamo in questi giorni».


Sono proposte che possono apparire provocatorie, ma se vogliamo rendere davvero giustizia agli eroi che si sono sacrificati durante l’emergenza, non possiamo favorire i traditori, che evadendo le tasse, lavorando o facendo lavorare qualcuno in nero, illudendo gli italiani che si possono pagare meno tasse e ricevere più servizi, hanno contribuito a indebolire il Paese di fronte a questa epidemia.

 

Pierangelo Milesi, Presidente delle Acli provinciali di Brescia


Articolo pubblicato martedì 21 aprile 2020 su "Il Giornale di Brescia"

 

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