Un centro di gravità permanente e di futuro

Lunedì 4 maggio 2020

 

Caro direttore,

 

dal 4 maggio si aprirà la fase di convivenza col virus. C’è chi tornerà allo stesso lavoro di prima. C’è chi, invece, sarà sostenuto dagli ammortizzatori sociali, perché la sua attività aprirà più avanti. Qualcuno non troverà più il suo lavoro, e dovrà mettersi alla ricerca o in formazione. Qualcuno lavorerà a singhiozzo, con attività più ridotte o di smart working, con presenze a rotazione, se si tratterà di mettere a norma gli ambienti o adattarsi a spazi ormai vincolati. La questione degli spazi, a causa del distanziamento fisico, diventerà una questione di tempi, di orari, per consentire il soddisfacimento della domanda. A queste evidenze del mondo del lavoro s’affiancheranno a settembre quelle della scuola. La scuola – quasi un milione di lavoratori, otto milioni di studenti e sedici di genitori – non avrà gli stessi orari di prima: si alterneranno lezioni online a presenze a scacchiera, anche di pomeriggio. Per tenere insieme gli spostamenti, in entrata e in uscita, del lavoro e della scuola, servirà una nuova offerta di orari dei servizi pubblici e commerciali e una richiesta di informazioni sempre aggiornate attraverso app e siti web. Si vivrà tra beni e servizi materiali e immateriali, con orari sempre più dilatati. Questi semplici fatti quotidiani sottolineano almeno tre elementi su cui si dovrà... lavorare.

 

Primo: cambiando i tempi del lavoro, cambieranno i tempi delle città. A questo scopo sarà necessario un piano degli orari delle città, che tenga presente “il tutto”, perché tutto è collegato.

 

Il secondo: l’elettronica collegherà e farà funzionare molte realtà. La riconfigurazione e il potenziamento dei servizi pubblici e commerciali si baserà su sistemi digitali sempre più avanzati. Secondo: la tecnologia sarà usata anche per il controllo del Covid–19 (ad esempio, strumenti wearable, cioè indossabili), fissando bene i limiti al controllo sul cittadino e lavoratore.

 

Terzo: il ruolo del welfare sarà essenziale nel sostenere in modo intelligente e concreto i tempi, i redditi, la salute, l’assistenza, la previdenza e la formazione al lavoro, in particolare le politiche attive del lavoro. Servirà un welfare più potente. Tutte le misure a sostegno del reddito saranno le benvenute, soprattutto in fase di emergenza. Dopo di ché si dovranno mettere a punto delle politiche anche a sostegno del lavoro, coinvolgendo il sindacato e l’associazionismo economico e sociale. Di fronte a cambiamenti così grandi bisognerà porre particolare attenzione ai più deboli e ai più fragili. Chi è forte, se la caverà comunque. Chi è debole rischierà di indebolirsi di più. Il distanziamento fisico può tradursi in distanziamento reddituale, sociale e infine umano.

 

La strada che ci porta fuori da questa tragedia ci chiede di assumere un pensiero complesso, collettivo e concreto: molto concreto. Il Papa aveva sintetizzato la concretezza con le 3T di terra (cibo, natura), tetto (casa, famiglia) e lavoro, in spagnolo trabajo. Quella del Papa è una saggezza concreta che traduce l’idea dello sviluppo umano integrale e dell’opzione preferenziale per i poveri. Detta così è più semplice e chiaro: 3T per tre obiettivi evidenti. Nessuna astrazione. In questo senso anche la proposta di unreddito universale sottintende la preoccupazione concreta, ossia ridurre le distanze tra i periodi di lavoro e di non lavoro, che molti di noi sperimenteranno. Ma per conseguire le 3T occorrerà la capacità di gestire la complessità e di poterlo fare insieme ai tanti attori sociali della civitas, che si muovono ogni giorno. Insieme si può.

Morta l’idea che basti il meccanismo del mercato a risolvere tutto, ora diventa evidente che servirà più programmazione partecipata. Il ruolo dello Stato tornerà a essere centrale: è importante che questa centralità non sia unicità, perché sono i molti soggetti sociali, istituzionali e civili che danno spessore alla comunità repubblicana. La Repubblica fondata sul lavoro: il lavoro potrebbe essere il centro di gravità permanentedella ripartenza. L’Italia che verrà sarà il risultato di queste scelte sul futuro del lavoro.


Roberto Rossini

Presidente nazionale Acli 

 

tratto da www.avvenire.it

 

X

Cosa stai cercando?