La politica. E' il momento giusto

Martedì 27 febbraio 2018

Documento delle Acli bresciane sulle elezioni politiche e regionali

I cittadini bresciani saranno chiamati alle urne il 4 marzo 2018 per eleggere un nuovo Parlamento e per rinnovare gli organi della Regione Lombardia.
Le Acli bresciane, nonostante le perplessità per una legge elettorale che non permette di scegliere i propri parlamentari, indicano come la partecipazione al voto sia e rimanga lo strumento più efficace per determinare come cittadini le scelte politiche a tutti i livelli. Se è vero che gli appuntamenti elettorali non esauriscono le esigenze partecipative dei cittadini, è altrettanto vero che libere elezioni sono la precondizione per definire uno Stato come democratico. La disaffezione, la delusione, il malessere possono spiegare ma non giustificare una diserzione rispetto a un diritto/dovere di votare. La presenza di gravi fenomeni di rigurgito fascista, razzista e di violenza politica - da contrastare con decisione - rende ancora più importante la difesa attiva delle istituzioni democratiche e partecipative.
 
Al di là delle incognite che pesano sul quadro politico, questo voto è decisivo per le sorti del Paese e della Regione.
L’Italia ha tutte le risorse e le opportunità per essere migliore e più giusta, anche quando affronta momenti difficili. Il livello di benessere, il grado di sviluppo del sistema economico e produttivo, l’insieme del sistema di welfare e la ricchezza del patrimonio culturale sono ingredienti del sistema Paese che devono essere valorizzati. Ma non possiamo chiudere gli occhi sui problemi che rallentano o bloccano lo sviluppo. L’Italia sta invecchiando, la natalità è ai minimi storici, la scuola e la formazione non sempre rispondono alle esigenze del mondo del lavoro, i giovani non trovano lavoro od ottengono occupazioni non sempre adeguate. Le diseguaglianze aumentano. Il divario tra Nord e Sud, tra aree sviluppate ed aree povere, è un problema dell’Italia intera. L’evasione fiscale non può essere oggetto di rassegnazione o addirittura giustificata. La corruzione e le mafie, la commistione tra politica e malaffare, presenti anche nella nostra Regione, non possono essere trascurati perché questo è il cancro che provoca sfiducia e disaffezione della cittadinanza gravando sulla qualità della democrazia.
 
Ogni problema si allaccia con un altro in una relazione che – come ha scritto con straordinaria chiarezza papa Francesco nella Laudato Si’ – ci dimostra che nel mondo tutto è connesso, la povertà con l’ambiente, la criminalità con l’educazione, lo sport con l’economia, la finanza con il territorio.
 
Proponiamo alcune piste di lavoro che possono guidare lo sviluppo e avviare una grande opera di ripensamento.
 
  • L’istruzione e la formazione possono essere un fattore di crescita. Un Paese sviluppato si fonda anzitutto sul capitale umano, sulla formazione dei suoi cittadini. L’istruzione e la formazione costano, ma l’ignoranza rischia di costare ancora di più.
  • Le politiche attive del lavoro devono diventare un sistema effettivo e funzionante. È necessario prevedere social bonus per la promozione del lavoro giovanile, anche collegati a progetti del terzo settore, favoriti dalle norme di recente introduzione. È necessario riconoscere il valore sociale del lavoro nei servizi, del lavoro di mediazione e accompagnamento delle persone, del lavoro di cura nelle famiglie e specialmente verso le componenti fragili della famiglia (minori, anziani, disabili).
  • Il welfare può essere un fattore di sviluppo. Le politiche per la famiglia, per la parità di genere e per la natalità costituiscono un'indubbia priorità. Partendo dal Reddito di Inclusione, si potrebbe ricostruire tutta la filiera del welfare in un’ottica solidale e sussidiaria.
  • Nell’ambito della sanità, soprattutto a livello regionale, è necessario ridurre la spesa privata laddove essa nei fatti è a carico di soggetti indigenti (es. superticket). Bisogna tornare a mettere al centro la persona riorganizzando un sistema focalizzato sul ruolo dei medici di medicina generale, anche per quanto riguarda la riforma lombarda e il tema della cronicità.
  • Affinché ci sia un merito più del lavoro e meno della rendita serve un nuovo patto fiscale, dove vi sia più semplificazione e più trasparenza degli obiettivi comuni e più capacità di intervento in settori “dimenticati” (come per esempio le transazioni finanziarie, i colossi del web, le successioni sui grandi patrimoni).
  • L’ambiente va salvaguardato e tutelato con forza. La Regione deve usare le proprie competenze in materia urbanistica per: evitare drasticamente la crescita del consumo di suolo e lo spopolamento dei piccoli centri; contenere l’aumento di cave e discariche e ridurre le forti concentrazioni di centri commerciali; riconvertire il patrimonio edilizio esistente promuovendo una attenta politica della residenzialità pubblica. Tutto questo porta a sviluppare le realtà degradate in progetti virtuosi ecosostenibili e a misura di persona.
  • La pace è un obiettivo che va perseguito con forza. Bisogna ripensare il ruolo dell’Italia in uno scenario mondiale sempre più preoccupante. Crediamo che il nostro paese debba aderire al Trattato internazionale contro le armi nucleari, come chiesto dalla campagna “Italia ripensaci”.
  • L’immigrazione è un fenomeno che deve essere gestito con saggezza e lungimiranza. È necessario strutturare una rete di microaccoglienza dei migranti che possa favorire l’integrazione nelle nostre comunità.
I luoghi e gli ambiti di applicazione di queste piste di lavoro possono essere molti, ma alcuni appaiono ora più decisivi di altri: le famiglie, con i loro tempi di vita, il lavoro e le imprese, i corpi intermedi, gli enti locali e l’Europa.
 
Il nostro desiderio è quello di pensare a un’Italia che sente l’appartenenza all’Europa e lavora per realizzare un’Unione europea sempre più unita. Un’Italia che investe nella formazione per tutto l’arco della vita di ogni suo cittadino. Un’Italia che lavora e dà lavoro, perché tutti i soggetti – pubblici e privati – si impegnano per un’economia che dia a tutti un reddito e una qualità della vita più che dignitosa. Un’Italia che non ha paura delle novità, delle culture, dello straniero, dell’incontro, del dialogo, perché sa aprirsi e accogliere con intelligenza.
 
Per questo non sprecheremo il nostro tempo a dire qualcosa contro qualcuno o – come scrive efficacemente il Censis – a vivere il rancore e il risentimento.
 
Le Acli non vivono i “tempi brevi” della politica. In questi anni abbiamo promosso la lotta alla povertà e tante campagne, dallo ius soli alla lotta al gioco d’azzardo, dalla difesa civile non violenta alla tassazione delle transazioni finanziarie.
Noi ci siamo e continueremo a pensare la politica a partire dai più poveri, dagli ultimi, magari con una particolare attenzione ai “penultimi”, coloro che rischiano di impoverirsi.
 

 
Per questo la presenza di militanti e dirigenti aclisti fra i candidati delle forze riformiste e democratiche al Parlamento e al Consiglio regionale può essere il mezzo per portare al livello istituzionale le nostre istanze, saldandole con le altre istanze autenticamente riformiste nella prospettiva della costruzione di una Lombardia, di un’Italia, di un’Europa democratiche e solidali
 
 
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