La fraternità come paradigma politico

Martedì 3 novembre 2020

La terza enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti” rappresenta un’analisi lucida dello scenario culturale, sociale e politico in cui siamo immersi. Un “manuale” non solo spirituale, ma anche operativo centrato sulla fraternità come via per ricreare legami, risolvere conflitti e costruire ponti.

La nuova enciclica, in continuità con la precedente “Laudato si’”, parte dalla consapevolezza che “tutto è connesso” per esplorare ancora più a fondo il legame che unisce tra loro tutti gli esseri umani, rendendoli fratelli e sorelle, con una particolare attenzione a chi è escluso, lasciato da parte, forestiero, straniero o comunque “altro”.

 

La consapevolezza di essere tutti connessi si fonda sulla qualità etica dei legami, cioè sulla responsabilità reciproca a tutti livelli, da quello personale, che resta insostituibile, a quello strutturale e istituzionale, fino a quello delle relazioni internazionali. La pandemia che ancora stiamo attraversando ce lo mostra con evidenza drammatica: “siamo tutti sulla stessa barca”: non significa solo che siamo tutti – ricchi e poveri, bianchi e neri, giovani e anziani – ugualmente esposti al contagio, ma anche che i comportamenti di ciascuno hanno un impatto immediato su tutti gli altri, contribuendo a proteggerli o a metterli in pericolo.

 

Viviamo in un mondo segnato paradossalmente da una iperconnessione globalizzante che riduce tutto a merce e, allo stesso tempo, da una frammentazione individualistica che costringe a chiusure nazionaliste e populiste. Proporre la fraternità come paradigma politico significa innanzitutto cogliere, nella concretezza della vita personale e dentro le nostre comunità, il grido di coloro che patiscono le conseguenze della sua mancanza, cioè “dei poveri, dei miseri, dei bisognosi [...] degli orfani, delle vedove, dei rifugiati [...] delle vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie [...] dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza”, come recita l’appello alla fraternità che chiude il testo (FT, n. 285).

 

La mentalità individualista elimina dall’orizzonte la fraternità e finisce per svuotare anche la libertà e l’uguaglianza, che pure agita come bandiera. “L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli” (FT, n. 105). La tradizione di pensiero che si richiama al motto della Rivoluzione francese, “Libertà, uguaglianza e fraternità”, nel corso della storia ha visto coniugare politicamente in lungo e in largo – fino all’esasperazione dei regimi totalitari novecenteschi – i paradigmi di libertà e uguaglianza. Mentre il paradigma della fraternità è stato relegato aduna questione di sacrestia, senza possibilità di avere una vera incidenza sociale e politica. Invece, “La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. Benché queste siano condizioni di possibilità, non bastano perché essa ne derivi come risultato necessario. La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza” (FT, n. 103).
 

In questo senso l’enciclica recupera la centralità della politica per andare oltre i limiti del mercato e della tecnica. La via di uscita sta nella riappropriazione della “categoria di popolo, a cui è intrinseca una valutazione positiva dei legami comunitari e culturali” (FT, n. 163), per andare oltre l’antistorico progetto neoliberale degli ultimi quarant’anni e oltre la soluzione dei populismi nazionalistici di vario tipo. Ma questo richiede persone capaci di impegnarsi in modo diverso, dando spazio, anche in politica, alla tenerezza, cioè la capacità di percepire la fragilità e di farne sgorgare un atteggiamento di cura e protezione. In particolare in questo momento storico, particolarmente segnato da una sperimentata fragilità umana, abbiamo bisogno di tessere legami improntati alla fraternità e aprire percorsi condivisi di costruzione di comunità nelle quali ci si possa riconoscere tutti come fratelli e sorelle.

 

Pierangelo Milesi (Presidente provinciale)

 

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