Fiat: percorrere strade nuove per uscire dalla crisi

Venerdì 21 settembre 2012

Le Acli bresciane in occasione dell'incontro tra Fiat e Governo

 

“Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010, le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato. E' quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. E' necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati”. Con questa nota Sergio Marchionne, a.d. di Fiat, ha di fatto archiviato il piano “Fabbrica Italia” e gli ingenti investimenti ad esso correlati.
 
Ci troviamo di fronte all’ennesimo momento di difficoltà per l’azienda torinese. Il progetto “Fabbrica Italia” sembra vittima della crisi di un mercato ridotto "al lumicino", ma che da più parti si spera si riprenda e torni ad essere più vivace, per avere una produzione capace di assorbire i lavoratori del comparto. L’auspicio è che Fiat decida di non ridimensionarsi, ma di lavorare responsabilmente in questa congiuntura per la salvaguardia dell’occupazione e degli insediamenti produttivi. Secondo i più, è necessario che il Governo intervenga, anche su versanti che indirettamente incidono sul settore auto, quali assicurazioni e benzina, i cui costi alimentano le difficoltà dei cittadini già duramente provati.
 
In concomitanza dell’incontro tra Fiat e Governo, le Acli bresciane evidenziano come il vero problema della Fiat non siano i lavoratori, il Paese o la perdurante crisi, che certo non si può negare. Temiamo che la vera criticità stia in scelte - che sono state fatte e ancora si stanno facendo - che ripercorrono logiche vecchie, che non permettono a Fiat di distinguersi da altri produttori e non garantiranno la crescita di quella ricerca tecnologica che oggi rappresenta la via principale per affrontare la crisi. A differenza di quanto richiesto da Obama per erogare i contributi per salvare Chrysler - a fronte dei quali ha preteso lo sviluppo di auto di piccola cilindrata, dai bassi consumi e dalle emissioni contenute – c’è chi ancora punta a produrre 6 milioni di auto all’anno, scommettendo decisamente su jeep, Suv e grossi fuoristrada.
 
Ci preoccupa vedere che, come “ricetta” per affrontare questa fase, si parli prevalentemente di maggiore flessibilità o abbattimento del costo del lavoro, quando sarebbe necessario sostenere da subito la ricerca - specialmente nel campo della riduzione dei consumi di combustibile, delle emissioni dei gas di scarico, delle propulsioni alternative e della sicurezza - unica strada per ambire ad uno sviluppo duraturo coniugato con la sostenibilità energetica ed ambientale. Per uscire dalla crisi bisogna “battere strade nuove” che - essendo il comparto auto ormai strutturalmente caratterizzato da sovraccapacità produttiva e domanda in calo - passano anche per il sostegno ad altri settori ed altre produzioni. Tale conversione richiede lo sforzo di tutti: istituzioni, partiti, imprenditori, lavoratori, sindacati, cittadini e società civile.
Su questo anche le Acli vogliono fare la loro parte, tenendo alta l’attenzione perché, di fronte alla complessità e gravità di una crisi strutturale come quella della Fiat e del lavoro in Italia, un’organizzazione di lavoratori cristiani non può “voltarsi dall’altra parte”.
 
 
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