Elezioni Amministrative 2018 - le priorità acliste

Mercoledì 23 maggio 2018
Le Acli bresciane e le Acli della città
propongono il documento

LE PRIORITA' ACLISTE
in vista delle Elezioni Amministrative 2018 

 
“Guardare al passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza”
Papa Francesco
 
 
La democrazia costituisce una fedeltà e una vocazione fondativa delle ACLI. Ci sta a cuore preoccuparci e occuparci di politica, a tutti i livelli, perché una buona politica consente alla democrazia di mantenersi in salute per servire il bene comune nella vita quotidiana dei cittadini, in particolare di quelli più fragili e poveri.
In vista delle elezioni amministrative del Comune di Brescia del 10 giugno 2018, abbiamo realizzato tra fine 2017 ed inizio 2018 alcuni incontri di studio, approfondimento e confronto, in collaborazione con le Parrocchie cittadine, su quattro temi che riteniamo fondamentali. Quella che segue è la nostra posizione in merito a questi quattro temi prioritari, che offriamo a tutti i candidati come contributo di pensiero e stimolo all’azione politico amministrativa. L’accoglimento e la condivisione dei contenuti di queste priorità da parte dei candidati, costituisce per le Acli cittadine un criterio utile al discernimento in vista del voto.

 

URBANISTICA e AMBIENTE
Per una città a misura di persona

Garantire una buona qualità della vita ai propri cittadini ed in generale a tutti coloro che in qualunque modo vivono, lavorano e frequentano la città dovrebbe essere l’obiettivo principale di qualunque Sindaco. Le sollecitazioni di papa Francesco ad una maggiore attenzione al mondo in cui viviamo e di cui usufruiamo vanno decisamente in questo senso e ci spronano a scelte consapevoli e coraggiose.

Urbanistica. E’ imprescindibile proseguire la strada di una pianificazione sostenibile nella quale deve prendersi atto della esigenza assoluta di salvaguardare il territorio non urbanizzato limitando in modo forte l’ulteriore cementificazione, incentivando la ristrutturazione e riqualificazione degli edifici esistenti, promuovendo politiche penalizzanti per i proprietari di alloggi sfitti. In particolare, grande attenzione va prestata a tutti quei quartieri, in particolare periferici, ricchi di patrimonio edilizio inutilizzato o sottoutilizzato. Va inoltre sollecitato e supportato l’abbattimento delle barriere architettoniche, a partire dalle proprietà pubbliche.
Va approfondita e rivista la struttura della rete stradale a favore del trasporto pubblico, adeguandola in particolare alle esigenze di puntualità e velocità, prevedendo ad esempio percorsi autonomi su sede protetta. Le strade principali di acceso alla città devono essere ripensate al fine di convogliare/invogliare il traffico verso i punti di interscambio mezzo privato/trasporto pubblico. Occorre implementare la rete esistente a tutela degli utenti deboli (pedoni ed in particolare bambini, anziani, disabili), riducendo la velocità complessiva degli automezzi e garantendo maggiore protezione fisica agli attraversamenti. Vi sono esperienze europee cui attingere per promuovere scelte lungimiranti e fare della Città di Brescia un esempio ed un modello a livello nazionale.
 
Va incentivato ulteriormente l’uso della bicicletta attraverso l’incremento dei percorsi ciclabili, ben progettati ma soprattutto ben mantenuti nel tempo e adeguatamente protetti, su sede separata rispetto al traffico veicolare ed ai pedoni.
Sono da salvaguardare le residue aree ad uso agricolo, imponendo adeguati vincoli e correlati incentivi alla loro gestione e manutenzione.
Per quanto riguarda invece il verde pubblico ed in particolare i grandi parchi urbani (Parco delle Colline, Parco delle Cave, Parco del Mella...), oltre alle aree a funzione prevalentemente naturalistica di mitigazione ambientale, vanno previste specifiche aree dotate di servizi (ad esempio ricettività turistica leggera, sportiva, didattico-naturalistica) per rendere fruibili e gestibili questi grandi polmoni, evitando eccessi e cementificazioni ma, al tempo stesso, favorendo l’insediamento di realtà dell’associazionismo e la relativa assunzione di responsabilità, unitamente all’Amministrazione, nella gestione e nella manutenzione. Tali Parchi, attraverso una sapiente opera di comunicazione, potrebbero infatti divenire essi stessi elementi di aggregazione, di attrazione turistica e risultare punti di riferimento per lo sviluppo dell’accoglienza della città (si pensi ad esempio alla realizzazione di campeggi ecosostenibili o centri di canottaggio nel Parco delle Cave a San Polo o ad ostelli e fattorie didattiche nella ex Polveriera di Mompiano).
Un’attenzione particolare deve essere data alle grandi opere e alle ripercussioni sul territorio cittadino, ad esempio la futura realizzazione della tratta ferroviaria TAV in uscita dalla città, affinchè si valutino attentamente l’incidenza dei lavori e si pretendano nelle opportune sedi tutte le correlate forme di tutela, sia durante che a conclusione dei lavori.
 
Ambiente
Occorre a nostro parere in primo luogo proporre azioni concrete a tutela della salubrità dell’aria attraverso il forte disincentivo all’utilizzo del mezzo privato a favore del trasporto pubblico, ad esempio favorendo le aree di parcheggio nei punti di interscambio e disincentivando l’ingresso delle auto nel territorio comunale, in particolare nel ring. Sono da valutare incentivi locali al miglioramento della classe energetica degli edifici privati e da programmare interventi adeguati sugli immobili pubblici: è infatti necessario un passaggio - graduale ma continuo - dalle fonti fossili alle energie rinnovabili per fornire energia e calore alla città. In questo solco si inserisce un particolare sollecito all’incremento di automezzi comunali a trazione elettrica.
Si propone un piano straordinario di piantumazione di essenze arboree in particolare in aree verdi abbandonate ovvero a ridosso delle grandi arterie stradali. In secondo luogo, l’acqua, bene pubblico che non può essere soggetto alla speculazione del mercato, necessita di particolare attenzione sia per quanto attiene alla sua qualità sia per quanto attiene alla distribuzione ed utilizzo. Sulla qualità occorre mantenere alto il livello di attenzione, sollecitando monitoraggi e verifiche. La lotta agli sprechi deve essere costante. In terzo luogo, il suolo non costruito, sia per la sua funzione biologica che per le altre prerogative (prevenzione del rischio idrogeologico, ad esempio), va protetto e valorizzato. Le aree verdi devono essere incrementate e soprattutto ben gestite: su questo punto le organizzazioni del terzo settore possono essere un riferimento.
Infine, sul fronte della raccolta dei rifiuti urbani appare evidente che il sistema a cassonetti abbia creato nei cittadini, nei decenni di utilizzo, una assuefazione ed una diseducazione sull’importanza della produzione e raccolta differenziata dei rifiuti, termine che andrebbe sostituito con il più appropriato “risorse”. Partendo dai miglioramenti generali apportati dallo sviluppo recente della raccolta “mista” (con raggiungimento dell’obiettivo europeo del 65% di differenziata), va mantenuta l’iniziativa educativa-ambientale e la politica incentivante nei confronti di cittadini e imprese al fine di promuovere una significativa riduzione dei rifiuti prodotti e una maggiore qualità nella differenziazione. Va immaginato quindi un nuovo importante investimento nell’educazione ambientale permanente di giovani e adulti e va ripensato e riadattato il ruolo del Termoutilizzatore, avviando l’iter per la tariffazione puntuale della raccolta dei rifiuti, con la riduzione delle tariffe che premi i comportamenti virtuosi.
Il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità della vita, come qui delineati, non possono ovviamente prescindere dalla condivisione con i Consigli di Quartiere e con le organizzazioni del terzo settore, massimizzando la collaborazione di base della cittadinanza nell’ottica della più ampia diffusione della cultura della responsabilità del singolo sulle scelte collettive. Si auspica infine una più celere e capillare diffusione sul territorio delle isole ecologiche e dei laboratori del riuso.
 

IMMIGRAZIONE
per una città aperta, solidale, accogliente

 
Mai come oggi, il fenomeno migratorio è al centro del confronto/scontro politico e sociale. Ogni consultazione elettorale, sia essa locale, nazionale o europea, si gioca intorno ai temi dell’immigrazione spesso affrontati con slogan o stereotipi (ci rubano il lavoro, ci invadono, impongono la loro cultura, aiutiamoli a casa loro...).
L’immigrazione non riguarda il problema di come gli stranieri devono stare tra di noi (o di come respingerli o rinchiuderli a casa loro), ma quale modello di società abbiamo in testa, quale idea di politica, di democrazia, di cittadinanza.
 
Cittadini immigrati
Il 19% degli abitanti di Brescia è di origine straniera (circa 37.500) uno su cinque, un dato ormai stabile da alcuni anni che ci conferma come la migrazione sia strutturale. La popolazione straniera è giovane e i due terzi dei giovani stranieri sono nati in Italia. La migrazione ha a che vedere anche con la povertà. Questi semplici dati ci confermano che non possiamo pensare al futuro della città senza tenere conto anche del fattore migrazione. Che certamente continua a porre alcune sfide, ma che con convinzione crediamo debbano essere affrontate insieme nella costruzione di una città sempre più a misura d’uomo.
Quattro le urgenze che poniamo all’attenzione:
  • la questione delle seconde generazioni, dei giovani: i percorsi formativi, la dispersione scolastica, la difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro, il sentirsi italiani senza poterlo essere a causa della miopia della classe politica, la sfida dell’educazione nella diversità culturale e religiosa;
  • la questione della partecipazione alla vita sociale/politica: l’introduzione del voto amministrativo per gli immigrati residenti (anche con una soglia temporale), il coinvolgimento attivo all’interno dei Consigli di Quartiere, la partecipazione nelle realtà associative e di volontariato;
  • la questione delle donne: sapendo che sono loro a socializzare i bambini (la conoscenza della lingua, la conoscenza dei servizi del territorio, la vita sociale, l’educazione civica).
  • la questione religiosa: la dimensione religiosa è parte integrante nell’esperienza umana di molte persone, è necessario quindi facilitare la realizzazione di luoghi di culto per rendere concreta la libertà di culto.
Richiedenti asilo e protezione internazionale
Nella città di Brescia sono accolte circa 680 persone; di queste quasi la metà presso l’Asilo Pampuri e strutture alberghiere (alcune saranno escluse nel prossimo bando accoglienza). È urgente continuare il lavoro di sensibilizzazione delle comunità e di raccordo con la Prefettura, per favorire una maggiore distribuzione delle presenze sul territorio nella direzione della micro accoglienza.
Consigli di Quartiere e realtà del territorio possono offrire un contributo importante per rendere meno conflittuale la presenza dei migranti attraverso attività collaterali: lavoro socialmente utile, custodia e manutenzione dei beni comuni, cibo, musica/teatro. Il protocollo recentemente firmato tra Prefettura, Comune e Forum Terzo Settore va nella giusta direzione.
Non arretrando nel dovere dell’accoglienza che pone al centro la difesa della vita (salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; denunciando la «tratta» degli esseri umani; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone) non possiamo non porci l’interrogativo sul “dopo”, sulle centinaia di giovani che, ricevuto il diniego,si trovano in breve tempo fuori da ogni percorso di protezione. Con buone probabilità queste persone troveranno “rifugio” nella città capoluogo diventando vittime dello sfruttamento, della microcriminalità, del lavoro nero. Per questo, nel continuare e nel migliorare tempi e modi dell’accoglienza, ci pare necessaria anche una riflessione intorno a seri percorsi di rimpatrio assistito e/o di progettualità nei paesi d’origine. La campagna Liberi di partire, liberi di restare è un buon esempio e la nostra città, anche per la sua grande tradizione di cooperazione internazionale, potrebbe sperimentare progetti e percorsi.
Riteniamo infine che pur nella trasversalità degli assessorati coinvolti nel tema immigrazione (demografia, urbanistica, servizi sociali, istruzione...) sia necessario mantenere una delega specifica all’interno della giunta di governo che abbia il compito di armonizzare e coordinare le varie politiche, non per creare percorsi differenziati ma per favorire concreti percorsi di integrazione.
Ci parrebbe utile dare vita ad un tavolo cittadino nel quale tutte le realtà che operano sul territorio possano riflettere insieme ed elaborare linee comuni sulle quali costruire azioni condivise per percorsi di integrazione. Senza condizionare la specificità e la creatività delle singole realtà ma per favorire scambio di esperienze ed elaborazioni comuni.

 

WELFARE
Per una città che non lascia indietro nessuno
 

Il progetto “Brescia, città del noi” ha sicuramente favorito e migliorato il processo della co-programmazione e co- progettazione con un coinvolgimento significativo delle realtà del Terzo Settore nelle varie fasi del processo di riforma del welfare della città, anticipando per alcuni aspetti gli orientamenti della riforma del Terzo Settore. Si è maggiormente diffusa la cultura della corresponsabilità nella progettazione e nell’attuazione di politiche sociali sempre più radicate sul territorio.
In questi anni abbiamo condiviso:
  • La scelta dell’istituzione degli Uffici Territoriali Zonali per un maggiore radicamento degli operatori sul territorio e per un più agibile percorso di integrazione tra ruolo istituzionale e realtà della società civile.
  • L’istituzione dei “Punti comunità” per la costruzione di una rete territoriale che sappia promuovere comunità nell’attenzione condivisa ai bisogni sociali del territorio. I Punti Comunità hanno certamente bisogno di tempo per crescere e radicarsi sul territorio, ma in prospettiva possono rappresentare un solido punto di riferimento per tutte le persone che manifestano bisogni di ogni genere. Per questo riteniamo abbiano bisogno di essere mantenuti e sostenuti in una collaborazione attiva con i CdQ e con gli Uffici Territoriali.
  • La scelta di radicare il più possibile la risposta ai bisogni nel territorio dove si manifestano, mobilitando tutte le risorse presenti.
  • Anche il sistema dell’accreditamento per il Servizio di Assistenza Domiciliare superando il sistema dell’appalto al minor prezzo, ci sembra favorisca in positivo la creazione di reti territoriali incrementando le sinergie e le collaborazioni.
Sottolineiamo alcune emergenze che bisogna affrontare con maggiore decisione:
  • l‘emarginazione grave di persone senza fissa dimora seguite da un volontariato troppo spesso lasciato solo. I dati ci dicono che il fenomeno è in aumento e comprende anche un numero consistente di minori. Sarebbe forse necessario creare le condizioni perché si possano progettare e perseguire percorsi personalizzati di reinserimento che coinvolgano in modo coordinato le varie competenze istituzionali e del Terzo Settore.
  • il disagio economico delle famiglie, magari con minori, colpite dalla perdita del lavoro ed in difficoltà nell’affrontare le spese della quotidianità (utenze, affitti...). L'introduzione del Reddito di Inclusione (REI) è l'occasione per un riordino delle varie prestazioni economiche a sostegno del reddito previste da enti pubblici e privati, abbinate ad un serio impegno per l’inclusione sociale.
  • I sussidi ed i bonus previsti dai vari livelli istituzionali (Leggi nazionali, regionali e provvedimenti locali...) non sono spesso conosciuti e trovano applicazione non sempre coordinata.
  • Nei prossimi anni il problema della non autosufficienza delle persone anziane si manifesterà in modo dirompente poiché entreranno in questa fascia le classi di età del periodo del boom delle nascite degli anni '50 – '60 mentre le relazioni parentali si sono notevolmente ridotte a causa soprattutto della denatalità degli ultimi decenni. È quindi indispensabile una programmazione degli interventi che si ispirino al principio del mantenimento della persona anziana nel proprio ambiente familiare e sociale. In quest’ottica poniamo qualche sollecitazione:
    • È indispensabile una organizzazione capace di includere nel sistema di welfare la realtà del badantato oggi lasciata prevalentemente alla solo dinamica familiare, ad esempio con esperienze di condimonio o di quartiere.
    • Anche Centri Diurni e/o Comunità residenziali per anziani organizzati in ogni singolo quartiere possono rappresentare una modalità positiva per migliorare le condizioni di vita degli anziani mantenendoli più a lungo possibile nel proprio ambiente sociale.
    • In molti quartieri periferici della città, moltissime abitazioni a schiera presentano un modello architettonico concepito su due/tre piani e molte famiglie che le abitano entrano, nei prossimi anni, in fasce di età a rischio di temporanea o permanente non autosufficienza o comunque di difficoltà di movimento nell’utilizzo delle scale. Sarebbe utile pensare per tempo soluzioni strutturali modulari e ripetibili con costi contenuti, che permettano un allungamento del periodo di utilizzo della propria abitazione allontanando in tal modo la necessità di ricorrere a strutture sanitarie ed assistenziali.


PARTECIPAZIONE
Per una città in cui tutti sono protagonisti

Una democrazia adulta dovrebbe aver costituito al suo interno una serie di strumenti che le consentano di funzionare bene a tutti i livelli, di potersi rigenerare continuamente, attraverso leggi, regole e istituzioni in grado di funzionare, appunto, in modo democratico.
Negli ultimi anni tuttavia il crescente sentimento di antipolitica ha portato talvolta a prendere decisioni dettate dalla necessità di assecondare la cosiddetta “pancia” del Paese. Se era - ed è ancora, in parte - vero che vi sono molti privilegi non più tollerabili della classe politica, probabilmente si sono scelti i bersagli più sbagliati per trovare una soluzione. La legge n. 148/2011 ha infatti diminuito a tutti i livelli il numero dei consiglieri comunali e degli assessori, portandoli a quantità davvero esigue nei comuni più piccoli e riducendoli sensibilmente anche nei comuni più grandi: a Brescia, i consiglieri sono diminuiti da 40 a 32. Ma non è certo tagliando anche migliaia di “poltrone” di consiglieri comunali che si risanano i bilanci dei comuni e dello Stato né è sufficiente per placare i sentimenti di antipolitica dei cittadini.
La medesima legge ha inoltre abolito le Circoscrizioni per le città con meno di 250.000 abitanti. Risultato: i cittadini bresciani, che prima erano rappresentati da 40 consiglieri comunali (più sindaco e assessori) e da 5 circoscrizioni (con presidente e consiglieri) dal 2013 si sono trovati rappresentati solo da 32 consiglieri (più sindaco e assessori). In pratica un rappresentante ogni 5000 abitanti.
La situazione così creata era molto lontana dall’idea di partecipazione che noi, come Acli, coltiviamo. Comprendiamo la necessità di dare un segnale ai cittadini e conveniamo che le circoscrizioni, per come si erano sviluppate, erano più simili a piccoli consigli comunali che non una vera rappresentanza territoriale. Tuttavia la soluzione adottata non ci pareva soddisfacente: per questo abbiamo accolto e sostenuto l’idea della formazione dei consigli di quartiere a Brescia, sulla scorta della positiva esperienza dei “comitati di quartiere” degli anni Settanta e ben convinti che servisse fortemente un livello intermedio che potesse mettere in collegamento l’amministrazione comunale con i cittadini in modo istituzionale.
L’introduzione di questo nuovo organismo di partecipazione democratica, elettivo e a partecipazione volontaria, è stata pertanto una novità positiva per la città e per i suoi numerosi quartieri, perché ha consentito ai cittadini di ritrovare una forma partecipativa “identitaria”, collegata a un territorio ristretto e pertanto ideale per un confronto e per un ruolo propositivo.
Il dibattito in consiglio comunale è stato lungo e ha evidenziato posizioni anche molto diverse. Si è comunque giunti alla composizione dei CdQ con il voto del dicembre 2014. I consigli sono stati un’esperienza nuova, sperimentale, sicuramente faticosa, ma anche e soprattutto vitale ed energica.
Certo non è stato semplice: ci sono state difficoltà di dialogo con l’Amministrazione che ha dovuto imparare a confrontarsi con ben 33 nuove entità che prima non esistevano. C’erano molte questioni aperte da tempo che ogni quartiere legittimamente sperava di poter risolvere a breve. Come Acli provinciali ci siamo impegnati a monitorare la situazione, perché riteniamo fondamentale questa esperienza e vogliamo quindi offrire il nostro contributo di dialogo e relazioni affinché il processo di maturazione dei consigli sia (e continui ad essere) positivo per la città.
L’impegno profuso, a titolo gratuito, da presidenti e consiglieri in questi anni è sicuramente segnale di una voglia di partecipazione dal basso che deve essere valorizzata e coltivata. Il nuovo organismo sta gradualmente educando i cittadini a rinunciare al reclamo sterile per dare invece un contributo positivo e costruttivo alla propria città grazie ad una realtà intermedia e prossima, eletta democraticamente, che funzioni da tramite con l’Amministrazione comunale.

A distanza di 3 anni dall’avvio dell’esperienza, il nostro giudizio è quindi positivo: il recente “tavolo per la revisione del regolamento” è stata una buona occasione di confronto e di messa a punto tra l’Assessorato alla partecipazione, i consiglieri comunali e i rappresentanti dei diversi consigli di quartiere per fare un “tagliando” del percorso sin qui fatto. Pensiamo che l’avventura dei CdQ, appena iniziata, debba proseguire, pur con i dovuti correttivi legati soprattutto alle modalità di dialogo con l’amministrazione comunale che devono essere più celeri ed efficienti, magari concentrando il lavoro dei CdQ su un numero più contenuto di tematiche.  

 

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