Di generazione in generazione

Mercoledì 6 giugno 2018

 #EDITORIAL


La politica a servizio di giovani, lavoro e futuro 
di Pierangelo Milesi (presidente provinciale Acli)

Care lettrici e cari lettori di Battaglie Sociali, Vi propongo per l’estate l’attenta lettura di un ottimo testo (ed. Rubettino): “Il Ri(s)catto del Presente. Giovani e lavoro nell’Italia della crisi”, di Iref, l’Istituto di Ricerche Educative e Formative delle Acli Nazionali. Il saggio offre una risposta all’urgente domanda di senso e alle implicazioni sociali ed economiche circa i cosiddetti “nativi precari”. Tutti quei giovani italiani, insomma, che sono cresciuti in questi anni sentendosi ripetere che il lavoro è un problema, soprattutto per loro. È il ritratto di una generazione nativa precaria, disposta a lavorare in deroga ai diritti tradizionali, con un’idea inedita di sindacato e delle tutele, capace in alcuni casi di aggirare le penalizzazioni subite nel mercato del lavoro. Una generazione che resta sospesa tra il ricatto della precarietà e tentativi di riscatto professionale.
Durante la tradizionale Festa delle Acli affronteremo proprio questo tema, anche per prepararci al prossimo Sinodo voluto da Papa Francesco sui Giovani. Sono loro il nostro futuro, la vera risorsa-lavoro inespressa del nostro Paese. È urgente dotare l’Italia di un’adeguata infrastruttura formativa a garanzia di questo futuro. La storica assenza di un forte sistema formativo in Italia è la causa principale della dispersione scolastica, universitaria e del fenomeno dei Neet. I giovani in formazione non entrano in contatto con le reali richieste di profili professionali del mondo del lavoro. Occorre un piano di interventi articolato su tre fronti principali: potenziamento della filiera dell’istruzione tecnica superiore non accademica, con relativo aggiornamento delle qualifiche e dei diplomi professionali richiesti dal tessuto produttivo attuale e futuro, per rispondere alle evoluzioni del mondo del lavoro. Inserimento della formazione tra i “nuovi” diritti dei lavoratori, intesa come formazione professionalizzante e formazione continua a chi è già entrato nel mondo del lavoro, come parte integrante delle politiche attive del lavoro, anche nei confronti dei migranti. Rilancio degli enti di formazione accreditati con misure fiscali agevolate e accesso facilitato ai fondi strutturali.
Le Acli avanzano molte proposte per un piano di riscatto concreto del lavoro, tra le quali anche il rafforzamento del piano formativo legato al programma nazionale Garanzia Giovani; una speciale pianificazione di interventi di tutela a favore dei lavoratori delle piattaforme; l’istituzione di un social bonus dedicato al lavoro giovanile: una modifica a favore del Terzo Settore promosso da giovani o rivolto ai giovani, che preveda trattamenti fiscali agevolati e per terminare un’ultima proposta dedicata alle madri: il riconoscimento del valore sociale della maternità e del lavoro di cura, proponendo un aumento del valore dello stipendio netto in caso di figli. Le forme del lavoro si stano rapidamente rivoluzionando su scala planetaria. L’impatto dell’innovazione tecnologica e l’automazione coinvolgeranno tutte le attività lavorative, non solo quelle manifatturiere. Quindi non solo Industria 4.0, ma anche Gig economy e Lavoro 4.0. Un quadro complesso, con elementi positivi e forti criticità, conditi da una buona dose di incertezza sul futuro del lavoro, che richiede perciò anche stabilità politica e coesione sociale. Che mancano.
Occorre una politica in grado di mettersi al governo del Paese nell’ottica del servizio. Tutte le forze politiche che sono in Parlamento devono assumere la consapevolezza della responsabilità grave che hanno verso i cittadini, in particolare i più fragili e le giovani gene- razioni. Anche la società civile dovrà tornare a fare la sua parte con maggiore incisività, in particolare penso alle realtà che si ispirano alla Dottrina Sociale della Chiesa. Serve che il “nuovo umanesimo” sia declinato politicamente. È tempo di un rinnovato “appello ai liberi e forti”. Dobbiamo immergerci nell’ampio dialogo sociale e politico e ritessere i legami sociali per guarire il rancore diffuso e pervasivo. Abbiamo un’idea di Paese e di politica per servirlo. E il Paese ha le risorse per reagire e costruire il bene comune. Nella prospettiva dello sviluppo integrale e sostenibile di un’economia sociale che resti ancorata al progetto di un Europa unita e solidale, la quale rimane l’unica possibilità per coniugare giovani e lavoro con il futuro. In altre parole, l’unica possibilità per avere pace, di generazione in generazione.



Sarebbe sufficiente pensare al futuro
di Daniela Del Ciello

Inizio subito con un’autocritica. Come in molte circostante accade, anche su Battaglie Sociali questo mese si parla molto di giovani. Non disdegniamo parlare ai giovani, ma facciamo parlare poco i giovani (la più giovane su queste pagine è Vanessa Facchi, la trovate a pagina 19).
Non si tratta ovviamente di cattiva volontà o di gerontocrazia, ma proprio di demografia. La popolazione invecchia, anche alle Acli (quando sono giunta io su queste pagine nel 2007 ero la più giovane e tuttora posso dire senza modestia di essere nella top 3... ma non è un vanto).
Tuttavia quello che emerge anche da queste pagine è che ragionare
per scompartimenti
(età, genere, professione) alimenta un antagonismo che non è salutare. Noi facciamo parte di un sistema, un organismo. Se un organo è malato questo è sufficiente per dire che il corpo è malato.
Il corpo del nostro Stato (un Leviatano un po’ più evoluto) è abbastanza acciaccato. Subiamo gli stessi effetti degli altri Stati, degli altri corpi, ma siamo più lenti a reagire. Marco Bentivogli, Segretario Generale Fim-Cisl che è stato ospite delle Acli una sera di fine maggio, ci ha parlato delle 3 i (innovazione, invecchiamento, immigrazione). Sono istanze che ci sollecitano e la differenza nell’affrontarle determinano e determineranno la differenza nelle performance. Per ora, rispetto ad esempio alla Germania, siamo indietro. Nel momento in cui scrivo non ho ottimismo che la cosa migliori in tempo breve (innanzitutto siamo senza un governo da 3 mesi, quello precedente
è stato bocciato alle elezioni e questo ha dato la misura di quanto siamo insofferenti alle riforme: crediamo di desiderare il cambiamento, ma forse segretamente vorremmo tornare indietro e non andare avanti, perché abbiamo nostalgia di un passato idilliaco che però è solo uno scherzo distorto della memoria).
Ma una speranza c’è ed è quella che viene descritta dalla ricerca dell’Iref (istituto di ricerca delle Acli nazionali), titolata Il ri(s)catto del presente. Non c’è nessun passato idilliaco in quelle pagine e nemmeno la promessa di un futuro roseo, però ci sono i giovani che si stanno “adattando”
alle nuove condizioni di lavoro. In questo adattamento ovviamente c’è di tutto: 50 sfumature che vanno dalla rassegnazione all’invenzione di un lavoro, passando per l’emigrazione.
Parliamo di lavoro, ma proprio qui alle Acli non possiamo ricordare come questo innervi tutta la vita sociale, e quindi per estensione possiamo applicarlo a un’area più vasta della vita. Quello che è emerso dalla ricerca è che i giovani sono mediamente più recettivi ai cambiamenti perché non hanno nostalgia di un passato che non hanno vissuto. Per questo non si ribellano a situazioni che, viste con gli occhi degli adulti, risultano inaccettabili: non conoscono nemmeno il significato di certi diritti. Non si fanno, per ora, nemmeno artefici del cambiamento, perché qualcuno non ha ancora ceduto loro il turno (il problema del ricambio...), ma sono abituati alla flessibilità e questo li fa reagire con prontezza anche alle condizioni sfavorevoli.
Questo ci autorizza a non occuparci di loro? Ovviamente no. Anche perché per ogni 2 che ce la fanno, ce n’è uno che fa fatica o non ce la fa (non siamo tutti ugualmente bravi, veloci, fortunati).
Ma chiedere alla politica di occuparsi dei giovani mi pare un po’ una battaglia coi mulini a vento: la gioventù è una categoria passeggera
che di per sé non ha né senso né confini.
Sarebbe sufficiente che si pensasse al futuro (che è quella cosa misteriosa che c’è oltre il nostro egoismo personale).




In questo numero di Battaglie Sociali:

Filo Rosso
Di generazione in generazione (di Stefania Romano)
Più visione, meno antagonismo, a cura della Redazione
Partire è un po' come morire (di Vera Lomazzi)

I segni dei tempi
In caduta libera (di Angelo Onger)

Fatti non foste
Finchè lavoro non ci separi (a cura del Coordinamento Donne)

Librarti
di Angelo Onger e Daniela Del Ciello

Annales
di Salvatore Del Vecchio

Cercasi famiglie in difficoltà
di Fabio Scozzesi

Sportelli Lavoro
di Roberto Toninelli

La Fap a congresso
di Luciano Pendoli

Gaudete et Exultate
di don Mario Benedini

e molto altro...

 

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