Anche le Acli chiedono di salvare i ciclisti

Mercoledì 25 luglio 2012
Come le Acli bresciane aderiscono alla campagna "In Itinere" per il riconoscimento dell’infortunio in itinere, appunto, anche a chi usa la bicicletta per recarsi al lavoro.
Il movimento “Salvaiciclisti” (al quale ha dato l’adesione anche il Comune di Brescia) è nato in terra anglosassone quando una giornalista del Times è stata travolta e uccisa in bicicletta. A partire da questo evento si è creata una mobilitazione internazionale arrivata anche in Italia che ha avuto decine di migliaia di adesioni a un “cartello” di 8 punti per favorire la mobilità sostenibile e la sicurezza per chi usa un mezzo ecologico e sostenibile:
  • Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
  • I 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
  • Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
  • Il 2% del budget dell’Anas dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
  • La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
  • 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
  • I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili.
  • Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.
 
Lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti in una nota ha commentato questa mobilitazione sottolineando i vantaggi economici derivanti dall’uso della bicicletta in ambito urbano e definendo la bicicletta come «mezzo di trasporto “intelligente”, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui».
 
Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto. In Italia, in caso di sinistro durante il percorso casa-lavoro effettuato in bicicletta, l’Inail riconosce al lavoratore lo status di “infortunio in itinere” solo “purché avvenga su piste ciclabili o su strade protette; in caso contrario, quando ci si immette in strade aperte al traffico bisognerà verificare se l’utilizzo era davvero necessario”.

Mentre nel resto d’Europa l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro è sistematicamente incentivato e promosso, in Italia il lavoratore che decide di spostarsi senza inquinare e senza creare traffico, non solo non riceve alcun incentivo, ma deve farlo a proprio rischio e pericolo.
 
Per questo è nata una mobilitazione per chiedere di estendere la copertura assicurativa Inail anche a chi sceglie la bicicletta come mezzo per recarsi al lavoro puntando a introdurre una modifica all’art 12 del D.Lgs. 38/2000 e di aggiungere al testo attuale la frase: “L’uso della bicicletta è comunque coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico”, esattamente come previsto per il lavoratore che si reca al lavoro a piedi. Annullando, quindi, l’equiparazione della bicicletta con qualsiasi altro mezzo privato, considerando la scelta della bicicletta come scelta di mobilità sostenibile e quindi orientata ad un beneficio pubblico.
 
Quella della mobilità ciclabile è una sfida che interesserà sempre di più la nostra città. Come evidenziato da una ricerca realizzata da Nextplora Linear Assicurazioni (gruppo Unipol), ben nove bresciani su 10 (87%), esprimono la necessità di avere più piste ciclabili a disposizione. A Brescia ce ne sono 73 km in totale, ancora poche se paragonate alle 1000 di Berlino, le 400 di Amsterdam, ma anche alle 190 di Modena. Il vero problema però (che scoraggia moltissimi potenziali ciclisti) è quello della sicurezza; infatti solo il 33% degli intervistati considerava sicure per le due ruote le strade cittadine. Inoltre il rischio medio di mortalità in Italia per i ciclisti è dell’1,92%, più del doppio (0,77%) rispetto a chi va in auto e 6 volte più alto (0,31%) di chi sceglie l’autobus. A Brescia, nello scorso anno, i ciclisti deceduti in incidenti sono stati 12 su un totale complessivo di 105 vittime. La stessa ricerca sottolinea anche la difficile convivenza tra ciclisti e automobilisti, dato che evidenzia la necessità di una migliore rete di piste ciclabili in sede propria, così come di una legislazione che tuteli maggiormente chi sceglie la bicicletta, considerando anche il beneficio ambientale che questa scelta apporta alla collettività.
 
Il Sistema Acli ha molti punti di convergenza con questa campagna: in quanto organizzazione di lavoratori, in quanto associazione impegnata nella costruzione di un futuro sostenibile, in quanto promotrice di attività sportiva, in quanto servizio di tutela dei lavoratori e osservatorio di dati preziosi per la definizione di politiche sociali.
Per questo le Acli aderiscono alla campagna con convinzione, e chiedono di sostenere i cittadini lavoratori che autonomamente nel proprio quotidiano scelgono in misura sempre maggiore la bicicletta per necessità economica e/o per scelte di sostenibilità sociale ed ambientale. 
Siamo consapevoli che i principi etici possono sposare efficacemente quelli di convenienza ed efficacia e convinti che la società non può mandare messaggi discriminatori o punitivi a chi compie scelte di stili di vita responsabili. Inoltre crediamo sia necessario ampliare la comune presa di consapevolezza del problema della sicurezza della strada e promuovere norme e attività che la rendano maggiormente effettiva ed efficace. 
Consapevoli che fino a che il costo (in termini economici, umani e sociali) ricadrà solo sul singolo non sarà incentivata la promozione di politiche utili a migliorare la sicurezza stradale, a sperimentare forme di welfare aziendale, a promuovere mobilità sostenibile (car sharingcar poolingbike sharing, telelavoro, trasporto intermodale….) in modo integrato. Sapendo che singole attività isolate portano a scarsi risultati mentre azioni integrate su più fronti anche con finanziamenti limitati permettono risultati anche in tempi brevi. Uno sviluppo sostenibile parte dalle piccole cose quotidiane. 
 
 
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