Timothy Radcliffe su religione e fondamentalismo

Martedì 23 ottobre 2018 dalle ore 20:45

Martedì 23 ottobre sarà a Brescia il teologo inglese Timothy Radcliffe, domenicano, considerato uno degli intellettuali cattolici più noti a livello internazionale.

Su invito di Cooperativa cattolico-democratica di Cultura, Editrice Missionaria Italiana, Accademia Cattolica di Brescia e Padri della Pace, Timothy Radcliffe (già Maestro generale dei domenicani dal 1992 al 2001) terrà una conferenza sul tema «Credere nel tempo dei fondamentalismi».

L’occasione è la pubblicazione del nuovo libro di padre Radcliffe, Alla radice la libertà. I paradossi del cristianesimo (Editrice Missionaria Italiana, pp. 144, euro 15,00), da pochi giorni in libreria. L’appuntamento è previsto nella Sala Bevilacqua (via Pace, 10) alle ore 20.45. Introduce il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada. L’ingresso è libero.

Nel suo intervento Radcliffe affronterà il rapporto tra la proposta cristiana e i populismi che si sono affermati negli Stati Uniti e in Italia. Rifacendosi al celebre filosofo tedesco Jürgen Habermas, padre Radcliffe annota che il fondamentalismo in Occidente è nato con lo scientismo nel XVII secolo, ovvero quando si è affermata «la convinzione che un giorno la scienza darà una risposta a tutte le nostre domande». Da parte sua il fondamentalismo religioso, nato per reazione a tale tendenza culturale, «è completamente moderno. Fa parte della nostra cultura contemporanea».

Guardando all’oggi e alle tendenze populiste che si stanno affermando in Europa e in Italia, Radcliffe spiega così in successo di tali proposte: «Molte persone si avvicinano a partiti populisti o alle sette fondamentaliste perché si sentono lasciate indietro. Non hanno voce né futuro. Sono solo numeri nelle statistiche». Per questo le persone cercano in questi movimenti politici e culturali «un’identità».

Di fronte a queste involuzioni sociali, a cosa sono chiamati i cristiani? Anzitutto a «contestare gli assunti di questa cultura fondamentalista», che è ben riassumibile nella definizione data da Adolfo Nicholas della «globalizzazione della superficialità». I credenti sono chiamati a testimoniare la ricchezza di ogni identità, che non significa fissazione monolitica né uniformità, perché «l’identità è data ed è da scoprire. Essere pienamente umani significa non sapere pienamente chi sei» ed essere coscienti che «il piacere della differenza sovverte le formule semplicistiche della nostra cultura fondamentalista». Infine, compito del cristiano è quello di respingere «il linguaggio riduttivo», ovvero ricordare, nel dibattito pubblico, che «le parole si estendono oltre alloro significato letterale per indicare il mistero che intravediamo ma non riusciamo ad articolare pienamente».

 

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