San Polo, aria «malata» dal cocktail di inquinanti

Martedì 25 settembre 2012
Da “Il giornale di Brescia” di martedì 25 settembre 2012

San Polo, aria «malata» dal cocktail di inquinanti
Polveri sottili nei limiti, ma la Est ha la maglia nera della città. L’Arpa: la fonte è il concentrato di sorgenti

 
 
Nel giorno in cui l’Ue boccia l’Italia per la qualità dell’aria - che il Rapporto 2012 dell’agenzia Ue per l’ambiente ha definito «la peggiore d’Europa» - Brescia riapre il dibattito su «Aria malata, salute in pericolo», nell’ambito degli incontri promossi dal circolo Acli di Buffalora sul tema «Inquinamento e salute». E lo fa partendo dai dati e dalle relazioni, elaborate da Arpa ed Asl in chiave locale, proprio nel cuore di quello spicchio di città che tanto ha calcato la scena delle cronache locali: San Polo-Buffalora. Un frammento urbano a cui i monitoraggi di polveri sottili e deposizioni di microinquinanti (diossine e Pcb in prima fila) conferiscono ufficialmente la «maglia nera» del capoluogo. A confrontarsi sul tema e ad aggiornare il quadro ad oggi, sono stati ieri serati ieri sera - davanti a una gremita platea di cittadini - il direttore dell’Arpa, Giulio Sesana insieme a Sergio Resola e la responsabile del Settore medicina ambientale dell’Asl, Lucia Leonardi (a moderare la serata, il consigliere comunale del Pd, Fabio Capra). È Sesana ad illustrare il lavoro svolto in questi anni nella zona: un lavoro che ha la «necessità di essere continuo per poter formulare un data base completo su cui basarsi per mettere in atto azioni e soluzioni». Sì, perché da un lato i dati raccolti mostrano come la zona di San Polo spicchi per livello di concentrazioni (dal Pcb, come si legge nella tabella a fianco, alle polveri sottili passando per le Pm 2,5 ovvero le particelle che arrivano direttamente nei polmoni), puntualmente superiore rispetto alle altre zone della città. Dall’altro queste concentrazioni rispettano - ognuna nella sua specificità - i limiti imposti dalla normativa di riferimento. Come mai? Perché il problema è il cocktail di inquinanti, vale a dire «il concentrato di sorgenti». Basti pensare che la pericolosità media dell’insieme degli inquinanti in via Cantore si attesta su un valore pari a 10, mentre in via San Polo impenna a 26. In questo mix di sostanze, però, quelle a cui guardare con maggiore attenzione «restano le P10 e le Pm 2,5, perché sono gli indicatori che hanno più ricadute dal punto di vista della salute» specifica la Leonardi. Che chiarisce: «Asl e Arpa svolgono una forte attività di prevenzione anche attraverso i pareri sugli interventi urbanistici dei Comuni. E questi studi servono appunto per bocciare operazioni che andrebbero a danno di ambiente e salute». Pareri, questi, che non sono tuttavia vincolanti - e quindi sufficienti - per bloccare l’iter. Dati alla mano, la vera questione resta quindi la chiave di lettura di questi numeri. Che cioè nella zona est della città ci sia un carico di inquinamento complessivo più pesante - da vivere, ma pure da gestire per via della difficile convivenza tra un’industrializzazione consolidata e un centro urbano sempre più popolato - è accertato: lo denunciano i residenti, lo sottolineano i comitati, ne discute la politica, lo certificano Arpa e Asl, che incarnano l’autority di ambiente e salute. Ma è altrettanto chiaro a tutti - cittadini ed enti - che non si può andare avanti di relazione in relazione, di protesta in protesta, di prescrizione in prescrizione. Perché l’obiettivo è individuare - per poi gestire - la fonte del problema, come sottolinea lo stesso Sesana. E allora proprio le direttive Ue possono essere una guida dalla quale il lavoro dell’autority deve ripartire: avere contezza del carico ambientale attuale, per capire quanto è ancora sopportabile. Avere cioè cognizione del cosiddetto «inquinamento storico» per definire, zona per zona, il carico massimo ancora sopportabile - sul fronte salute e ambiente - per quell’area. Non quindi limiti uniformi, ma specifici. Insomma, una mappatura della città sul piano ambientale, affinché urbanistica e lavoro - ovvero pianificazione del nuovo e aziende - possano svilupparsi solo laddove sussistono le condizioni ambientali e dunque di salute per farlo.
Nuri Fatolahzadeh
 
 
I CITTADINI
«Basta accademia, la salute non aspetta: vogliamo ascolto e azioni»
 
Basta accademia. Perché «la salute non aspetta nessuno e non concede altri tre o quattro anni di tempo». Dopo aver ascoltato - attentamente - i relatori, i cittadini seduti nella Sala Recaldini di Buffalora hanno chiesto «lo stesso trattamento» ad Arpa e Asl: di essere ascoltati.
«Per anni abbiamo inviato agli enti lettere e segnalazioni che raccontavano il nostro disagio. E non solo gli odori sgradevoli che non ci permettevano di lasciare aperte le finestre, ma anche la paura di vivere al centro di un nucleo se non pericoloso, sensibile - sottolineano in molti -. Ma nessuno, dal Comune ai vostri funzionari, ha mai risposto o ci ha mai ricevuti». E l’elenco di esempi parte da quella lettera - firmata da 48 cittadini - che punta la lente di ingrandimento su via Dei Santi, proprio una delle strade su cui gli ultimi rilievi Arpa si sono concentrati. «La verità - incalza il pubblico - è che in questa zona ne sono state fatte di cotte e di crude ed ora, purtroppo, l’area est è diventata la discarica della città». Tutta colpa delle aziende e delle industrie? Non proprio. «Molta responsabilità è della politica, di chi negli anni passati ha pianificato lo sviluppo di Sanpolino e di San Polo sapendo che lì, da anni, c’era una fabbrica storica che già lavorava». Quindi, due proposte: monitoraggi più mirati, lo studio di una possibile delocalizzazione delle industrie, fuori dai centri abitati e una collaborazione con i medici di base sul territorio.
Niente proteste ieri sera a Buffalora: quello organizzato dal circolo Acli è stato un confronto che ha voluto soffermarsi più sul merito che sulle colpe. Un confronto in cui i cittadini non hanno messo sul tavolo solo critiche, ma anche proposte. Idee che - sono loro stessi a dirlo - «vanno approfondite con chi di questi temine sa». L’impressione è che San Polo e i suoi residenti abbiano avviato la «fase due» di un cammino iniziato tra la rabbia e le proteste di chi «dopo anni di denunce vuole gridare per essere ascoltato». Una fase due che punta al dialogo per il raggiungimento di un risultato comune: l’equilibrio tra salute ed economia.
Forse Brescia è pronta per stringere il suo «Patto per l’ambiente».           

 

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