Le Acli bresciane sul fenomeno del gioco d’azzardo

Giovedì 3 ottobre 2013
Le Acli bresciane continuano ad osservare la gravità del fenomeno del gioco d’azzardo, interrogandosi sulle cause e sugli effetti della dipendenza. E’ ormai un dato assodato il fatto che a ricadere nella ludopatia siano soprattutto persone deboli, appartenenti a fasce disagiate della popolazione o addirittura legate a dipendenza da stupefacenti. Purtroppo il settore in Italia è sempre più significativo: per fatturato siamo il primo paese in Europa ed il terzo nel mondo e gli incassi ammontano a 80 miliardi di euro nel 2012 (87 previsti nel 2013). Il settore delle scommesse e dei giochi legali, sviluppati anche per contrastare il fenomeno delle giocate clandestine, in Italia è il quinto per importo e fattura circa il 5% del Pil. Un vero e proprio settore economico che conta 5mila aziende e 120.000 addetti.
 
Le Acli bresciane osservano che il gioco d’azzardo frutta alle casse dello Stato circa 8 miliardi di gettito. Lo Stato è il principale “player” del settore: per fini fiscali fa affidamento al gettito derivante dai giochi per coprire varie misure di spesa. Purtroppo però la tutela delle fasce più deboli della popolazione è messa in secondo piano rispetto alla necessità di entrate rapide e sicure. La conferma viene anche dalla recente vicenda dell’apertura di 1000 nuove sale da gioco prevista per il prossimo anno. Eppure la percentuale di entrate fiscali per l’Erario è molto ridotta rispetto al fatturato prodotto: se su forme di gioco più tradizionali, come il Superenalotto, lo Stato incassa circa il 44% delle giocate, nel caso dei poker online siamo ad un misero 0,6%. Perché altre forme di reddito come quello da lavoro o da impresa sono pesantemente falcidiate da imposte, mentre esistono “isole felici” dove su 100 euro di guadagno basta versarne meno di uno per fare il proprio dovere di onesti cittadini?
Molti sostengono che queste entrate fiscali sono necessarie per saldare il deficit di bilancio di questa difficile fase storica. E addirittura che alcune manovre di tutela sociale sono possibili solo per il gettito di questo settore. Ma è un discorso che non possiamo assolutamente accettare. Il bilancio dello Stato non può essere finanziato con qualunque tipo di entrata. Le classi popolari e le fasce deboli della popolazione hanno già pagato duramente una crisi e una difficilissima situazione finanziaria dello Stato i cui responsabili non stanno certo contribuendo a sanare.
 
Le Acli valutano però come principale elemento di riflessione il costo sociale della dipendenza da gioco; stime Eurispes del 2011 evidenziano una quota di giocatori a rischio dipendenza tra il 5% e il 9%, mentre quelli patologici vanno da uno 0,80% al 2%. Alcune stime quantificano i costi socio-sanitari per allestire i vari programmi di recupero per le dipendenze trai 5 e i 6 miliardi l’anno. Veramente è il caso di chiedersi se il gioco valga la candela… In un periodo storico nel quale le strade per la mobilità sociale sono difficili e tortuose, sono sempre maggiori le persone che cercano nella fortuna la soluzione per cambiare la propria vita. Troppo spesso la cronaca, anche bresciana, ci ha riferito di persone che sono arrivate a togliersi la vita per la disperazione di aver bruciato una vita di sacrifici con il gioco.
 
Le Acli bresciane chiedono, anzitutto, una migliore ripartizione delle aliquote di prelievo fiscale, al fine di disincentivare un business fatto sulla pelle delle famiglie italiane. Inoltre chiedono che l’iter legislativo regionale proceda rapidamente, al fine di tutelare maggiormente i propri cittadini e disincentivare la diffusione delle slot machine e di altre pratiche simili. Le Acli chiedono che si riconosca il GAP (Gioco d’azzardo patologico) come una vera e propria dipendenza; inoltre chiedono l’istituzione di un Osservatorio di ricerca epidemiologica sugli effetti del gioco.
 
Anche al fine di dare maggior forza a queste richieste, le Acli bresciane hanno rimosso le slot machine da tutti i bar presenti nei Circoli Acli della nostra provincia. Infine registriamo con soddisfazione che alcune Amministrazioni Comunali della nostra provincia stanno cercando di capire quali strade possono essere perseguire per contrastare il fenomeno. Auspichiamo che anche altre Amministrazioni inizino lo stesso percorso, pur nella difficoltà di avere pochi strumenti a disposizione. 
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